John Irving, è in Italia dal
1977, da quando “emigrò” da Carlisle capoluogo della contea di Cumbria, 15
km dal confine con la Scozia, a Torino per amore della Juve. Una follia, se ci
pensate, ma è vero. C’è un libro di qualche anno fa di Gabriele Romagnoli,
“Passeggeri”, che parla della scelta di
John e di storie simili, di uomini e di donne che, con i loro trasferimenti
radicali, sono riusciti a dare un senso al loro vivere e essere felici. John lo conobbi a Torino alla
fine degli anni ’90. Me lo avevano raccomandato per un lavoro di traduzioni.
Avevo necessità di produrre un catalogo in lingua inglese quand’ero direttore
marketing di Amedei Cioccolato, così andai a trovarlo un pomeriggio di
primavera inoltrata nella sua casa-studio di corso Peschiera. Mi colpì da
subito l’accoglienza amicale che John mi riservò, pur non conoscendolo. Nulla a
che vedere con lo stile inglese e nemmeno torinese, molto di più meridionale.
La sua casa di Torino, mi ricordo, era piena di libri che riempivano ogni
parete e anche appoggiati su ogni superficie. Ce ne erano a pile ovunque, con
titoli in italiano e in inglese. In alcuni posti ammassati anche per terra.
John i libri non li possiede solo, ma li sbrana!. E poi i suoi quadri, il pianoforte, che comunicavano la sua
inclinazione per l’arte in genere. Mi piaceva tutto di quella casa. Ricordo che
quel giorno quando uscii dall’appuntamento con John, mi sentii più ricco
dentro. Non era il suo lavoro, quello che gli chiesi, ma me lo fece ugualmente,
credo, per un inteso senso di “pelle”. In appena mezz’ora, pur non
conoscendoci, quella volta John ed io avevamo parlato di tutto e di più. Oltre
del lavoro, dei piaceri condivisi: della Juve soprattutto, della buona tavola,
della lettura, dell’arte, della Sicilia, della famiglia….Da lì in poi la nostra
conoscenza è cresciuta come anche la nostra amicizia. Agevolati dal fatto che il
suo lavoro ha poi man mano preso più la piega eno-gastronomica, il mio settore,
e anche per il fatto che solo un paio d’anni dopo John si trasferì a Bra
proprio per lavoro. Qui vive in un appartamento del centro che assomiglia per
alcuni versi a quello di Torino, ma contiene il triplo delle cose che aveva là
sistemate allo stesso modo. Laurea in Lingua e letteratura italiane
all'Università di Edimburgo, con una tesi sullo scrittore urbinate Paolo
Volponi, John parla e scrive un italiano originale, scorrevole, piacevolissimo.
Migliore di molti illustri intellettuali nostrani che si millantano, o che da
alcuni sono millantati, tali. John è iper aggiornato su titoli e autori di
libri mondiali, mai scontati. Per questo lo considero un po’ il mio
“Tuttolibri”, a cui scrocco ogni tanto consigli di lettura. Ogni tanto John me
ne regala anche qualcuno, mai banale, che compra rigorosamente doppio. Quel che
mi piace di lui è che conosce molto bene il nostro bel Paese. Storia,
tradizioni, luoghi, prodotti, gente, caratteri, dialetti…. Credo che John ami
l’Italia addirittura più della sua Patria. Se dovessi incasellarlo direi che
oltre ambasciatore della buona e bella Italia, John è un giornalista, con la g
maiuscola, alla Mario Soldati. Un cronista vero, che racconta i luoghi e
l’enogastronomia con l’ esperienza vissuta sul campo, mica “copia e incolla” o
“persentitodire”. Oltre che un interessante e divertente scrittore. Collabora con Slow Food e diverse altre testate tra cui La Stampa, The Guardian, l’australiana
Gourmet Traveller e
l'americana The Art of Eating….Tanto per
citarne alcune. John mentre lavora ascolta la radio sintonizzata sui canali
inglesi. Ha un cuore grande, è una
persona incredibile. Per mio figlio Enrico John è lo zio inglese. Ama il mare
John, e quando può si rifugia li. E’ curioso, attento, conosce una marea di
persone di tutto il mondo. Quelle che mi ha presentato fino adesso e ho avuto
anche la fortuna di frequentare insieme, le considero “personaggi”, come lo è
anche lui (ma guai a dirglielo). Nel senso che ciascuno di essi ha un “non so
che”, un fascino incredibile, impossibile da definire. Inoltre, uno
straordinario bagaglio culturale che li caratterizza tutti! Se io ne avessi
solo una quarta parte del loro, vivrei di prepotenza. Ne parlo oggi di John
perché da un paio di giorni ho ripreso a leggere “Pane
e Football - Due Nazioni, due
Passioni”. Un libro che lui ha
scritto tre anni fa. Storie di calcio e gastronomia, come sa scriverle
solo John, tra il colto e lo spassoso, di due nazioni, l’Inghilterra dov’è nato
e l’Italia dove vive. Pagine intriganti,
di vita, di calciatori dannati, di ritratti di uomini che si
sono trovati, ma anche persi per il calcio, di
incredibili mangiate, di bevute colossali. Una
sorta di romanzo autobiografico, anche, un libro intimo, credo, perché
dice molto del suo rapporto col padre. Un libro intelligente, divertente anche,
pieno di citazioni, di curiosità e di storie che raccontano molto bene chi lo
ha scritto. John, il mio Amico inglese!
Nessun commento:
Posta un commento