venerdì 23 febbraio 2018

Vamos a la Piada

Ho saltato non so quanti lunedì, dicendo ogni volta che era quello buono per rallentare col mangiare e bere. Quasi ogni fine settimana mi prometto che dal prossimo lunedì devo andarci piano…. Ora che siamo in periodo di quaresima, anche con sta scusa, un po’ d’astinenza volevo davvero praticarla. Non però come forma di penitenza e segno di avvicinamento alle ragioni dello spirito! Per me non esiste alcun rapporto tra il cibo e l’immortalità dell’anima…! Ma niente da fare... Non ce l’ho fatta neanche sta volta. Non resisto al “prurito della gola”. Sono sprovvisto di vergogna gastronomica... Mi metto in solenne disposizione quando la gola mi prude… Due giorni di Campionati della Cucina Italiana, durante “Beer Attraction” di Rimini, hanno ancora una volta debellato tutte le mie buone intenzioni... Ma poi…, come si fa a pensare di fare dieta proprio lì? La Costa Adriatica rappresenta il centro di uno dei miei miti culinari…. Lasciamo perdere tutto il classico menu romagnolo..., ma volete mettere la Piadina? Sul suo carattere peccaminoso di cui molto si potrebbe dire…, anche solo per quel suo bel modo di farsi riempire…?!? La Piadina, anzi, senza diminutivo, la Piada è un cibo magico, provocazione per gente di ogni età, condizione sociale e sesso…, senza tempo né spazio definiti. La Piada si adegua al nord come al sud, a mezzogiorno come alle due di notte. La metafisica di questo cibo si basa soprattutto sulla sua non solennità... E' un cibo democratico! Si addice ai romagnoli, agli italiani, agli occidentali quanto agli orientali. Sono un così accanito seguace e sbavante divoratore della Piada, che nei due giorni passati lì ogni momento era buono per divorarmene una. La Piada che mi piace però è causa ed effetto di un sottile artigianato... E' un raffinato macramè al servizio del palato. Cerco leggerezza, fragranza, golosità in una Piada…, nel suo gusto ancor prima di essere farcita. Amo scoprire e assaporare, prima, la virtù allettante dei suoi ingredienti. Tra i diversi modi di mangiarla, la mia preferita - la “Piada del Chiosco” del laboratorio artigianale Fresco Piada di Riccione che le produce come una volta con le azdore che le cuociono a mano una ad una - la farcisco con squacquerone in piena foresta di rucola e prosciutto crudo tagliato a coltello. Senza sensi di colpa, anzi, nella mia permanenza lì, ogni volta che mi veniva voglia, andavo alla ricerca della mia Piadina filosofale, intonando un bel refrain dei mitici Righeira appena appena modificato..., “Vamos a la Piada..., ohh, ohh, ohh, oohhh..."...


mercoledì 14 febbraio 2018

Stinco di santo

Sono appena rientrato da Francoforte dov’ero impegnato in una Fiera. La Germania sembra tutto fuorché una società di buon gusto, di bon ton, nel mangiare. Ogni volta che ho a che fare con questa cultura alimentare devo dar ragione a Ludwig Feuerbac, il filosofo tedesco che conosco solo per la famosa frase che sentiamo spesso ripetere, “Mann ist, was er isst”, l’uomo è ciò che mangia. Il mangiare per me, lo sapete, non è un’occupazione superflua… Anzi! Esiste in me una vera cultura della distrazione culinaria. Mentre mangio provo godimento materiale! Quando mi trovo in un paese straniero, quindi, cerco di mangiare quello che mangiano loro... In questo caso come i tedeschi. Non come mangiano loro però…! I tedeschi riescono nell’impresa di trasformare un pranzo in uno sfondamento di panza, col gioco dell’esagerazione e del cattivo abbinamento... Se durante il mio soggiorno lì, di giorno, in Fiera, riuscivo a mettere poche cose nello stomaco, di sera, invece, complice anche la fame, senza farmi influenzare dai sensi di colpa e senza lasciarmi mai impressionare da certi ingredienti, mi buttavo sui menu tipici degli storici locali del centro. Prevedo che vegetariani e vegani non saranno d'accordo..., ma per tutto il tempo a Francoforte non mi sono sottratto al ménage culinario locale: grasso, unto e con spiccata vocazione al piacere della carne. Senza curarmi delle minacce di dannazione eterna da colesterolo…, la sera, mi sedevo a sontuose tavolate tedesche coperte di salsicciotti, di ogni qualità e colore, wurstel, crauti, patate al forno, patatine fritte, stinchi, costolette di maiale, salse, salsine e birra a manetta. Per cinque giorni, però, il mio piatto preferito è stato lo Stinco: una delle vette della gran cucina calorica, che ha il merito di costringermi alla resa dopo la sua fine… Lo Stinco per cinque giorni è stato un balsamo per gli emboli del mio piacere. Lo sfoggio culinario di sontuose mangiate e laboriose digestioni..., lunghe come il lavoro paziente di un artigiano. Un piatto virtuoso e gustoso, ma anche un mosaico di ricordi. Di quando da gagno mi sentivo dire - in senso ironico e scherzoso, giocata anche sul cognome che porto - “... però non sei proprio uno stinco di santo...!". O quando, la domenica andavo al cinema Sant’Andrea di Bra - luogo puro di trepidazioni – e con 100 lire mi compravo un pacchetto di figurine, i pop corn, una manciata di “butun da preve”  e mi guardavo anche un film. Nel "Lo credevano uno stinco di Santo", uno dei gringo protagonisti era un mio mito: Anthony Steffen, al secolo Antonio Luis de Teffè von Hoonholtz. Vantavo, ma forse è meglio dire ambivo, una certa somiglianza con Anthony, il Django degli spaghetti-western... Se ve lo ricordate, potete abbandonarvi all’immaginazione...

martedì 6 febbraio 2018

Ombrelline

La Formula1 e il Moto Gp dicono basta alle signorine seminude. Se ne vanno  le Ombrelline, un’icona del circo dei motori. Basta minigonne, tacchi a spillo e scollature da paura in griglia. Se ne va l’allegoria di un mito classico, quel che abbiamo imparato in anni e anni di Grand Prix: apprezzare il modello formato dal binomio auto-gnocca e sostenitore del famoso detto “donne e motori, gioie e dolori”. Per decenni abbiamo creduto in commercianti di sogni, di potenti e spregiudicati magnate, abili a trasformare una gara di motori in spettacolo, abbellendo le sterili piste asfaltate con le Ombrelline in pose più o meno tintobrassiane. Astutamente, ci hanno imposto il predominio delle signorine seminude sull'asfalto.., curando la malinconia dell’ambiente, alleggerendo le nostre vite. Sottraendoci anche alla depressione puberale, alle pagine dell’intimo di Postalmarket, all’inibizione cronica…, facendoci vivere per anni a bagnomaria nella bellezza..., nell’eccitazione perenne. Da tempo siamo stati abituati male da sti tipi...! Ma dal 2018 si cambia registro: da format ludici, i GP, diventano pudici. Voi direte: normale evoluzione umana. Rispondo: mossa politica, invece. Quella di voler togliere le “Ombrelline” è la storia esemplare di quel che sta accadendo oggi. La rappresentazione della bigotteria perenne, terra di opportunità e conversioni. Fateci caso: cambia sta vecchia usanza perché resa indegna dal caso Weinstein. Mossi dall’interesse e dal falso orgoglio social-moderno diffuso, dall'inizio dei mondiali motori 2018, sulle piazzole di partenza, prima dello start, ci faranno vedere qualcos’altro. Molti applaudono. Ho letto da qualche parte che spettatori e piloti sulla griglia, prima della gara, come un momento di celebrazione, invece che ammirare procaci signorine, assisteranno alla promozione di paesi e prodotti ospitanti. Forse anche cuochi indigeni che, attraverso il nuovo format “show-cooking d’asfalto”, delizieranno i palati presenti e non.  Le ragazze formose lasceranno il passo alle solite, noiose e invadenti tavole imbandite. Grazie Ombrelline. Riposate in pace.




giovedì 1 febbraio 2018

Io sono Tosto

Domenica ero a pranzo ad Atri, un piccolo borgo ordinato, con un dedalo di viuzze che hanno conservato l'antico aspetto medievale, a ridosso delle colline Teramane. Oltre che rappresentare uno dei centri storicamente ed artisticamente più significativi dell'Italia centro-meridionale, Atri è famoso per il suo pecorino, la liquirizia, gli arrosticini, il miele... E, lo dico io, anche perché Gianni Dezio, giovane cuoco di origini abruzzesi nato in Venezuela, è ritornato nel 2014 nella terra delle radici per aprire il suo ristorante "Tosto". La sicurezza nei giudizi alimentari per me è legata alla naturalezza con cui ho sempre affrontato l'argomento.... Ho col cibo nel piatto lo stesso rapporto che alcuni vecchi contadini hanno con il cielo: un'occhiata e so cosa mi aspetta. Per arrivare a sto livello c'ho messo del tempo, ma forse anche l''attenzione che ho per ciò che è bello mi aiuta a scegliere ciò che è buono. Così, senza quella boria critica di alcuni del settore, ma col solo desiderio di parlare del mio piacere di mangiare, mi è facile dire che Gianni Dezio, 32 anni, occhi scuri che brillano tra la coppola calata in fronte e i baffetti d'altri tempi, educato e gentile, è un fenomeno..., un cuoco formidabile.... Ho mangiato divinamente qui a Tosto! Chi mi conosce sa che quando sono al ristorante, davanti ad un cuoco, non riesco a mentire per cortesia o per convenienza.... Così gliel'ho detto a Gianni..., che non avevo mai conosciuto prima: "Devi aumentare i prezzi!". "Non puoi offrire un menu gourmet, che diventa un'apoteosi culinaria, a 37,00 euro!". Sono cibi orgasmici, i suoi, che avvolgono il palato in un indicibile balletto tostato, affumicato, acido, speziato... Come il Brodo al bicchiere di pane e cipolla, o il Polpo, fagioli e cipolla, o i Bottoni "cacio e ovo" in brodo di agnello, o i Tortelli di sfoglia tirata a mano ai carciofi con fonduta di pecorino di Atri e liquirizia grattugiata...., o il Fondo di lenticchia affumicata, manzo e maiale, rapa bianca e trippa..., o lo Sgombro laccato, senape selvatica e cagliata.....  "Non li devi fare così strepitosi per farteli pagare solo pochi euro....! Come se non bastasse fai pure pani e grissini esuberanti oltre che servire etichette di vini non scontati...". Lui ha replicato dicendomi che, per dov'è, il prezzo è giusto.... "Stiamo in centro Italia, stiamo in Abruzzo, stiamo a Atri, non stiamo sulla costa, ma a 430 metri sul livello del mare.....!". "E allora? Se sei davvero Tosto, devi alzare di un ventino... Se no, almeno di dieci....".  E fallo subito. Ti tengo d'occhio!