lunedì 30 marzo 2020

Instagram cuisine

Secondo Bertoldo – eroe contadino – il giorno più lungo è quello che” si sta senza mangiare”, perché il ventre vuoto dilata la misura del tempo indefinitamente, allargandola come una vescica mostruosamente rigonfia. In poche parole: a pancia vuota il tempo non passa e si soffre pure. Di questi giorni “più lunghi”, sembra che del cucinare in diretta Instagram, più che del mangiare, non si possa fare a meno. Sembra che ciò di più bello ci possa esserci al mondo in sto momento, sia affondare le mani in qualche impasto, sbucciare patate e cipolle, affettare ortaggi in genere, sbattere le uova…. E cuocere, infornare, spadellare, preparare ricette insomma. Diciamo che in questo modo si sta apprendendo la dimensione temporale per cui l’attesa è necessaria solo per far lievitare un impasto, riscaldare l’olio al punto giusto per friggere, per fare il bagnomaria…. Ogni giorno su Instagram, unico strumento social che io riesco, in qualche modo, a “interpretare”, assisto a preparazioni culinarie in cui la gente si sente finalmente felice. Il tempo le scorre. Nel cucinare su Instagram la gente ritrova quella saldezza che le impedisce di essere turbata. In queste "cucine a cielo aperto", in cui primeggiano certi attrezzi che appartengono alla sfera del meraviglioso, del magico, e altri che oscillano tra il vintage da rottamare e l’inutilità, si consuma il rito delle ore felici. A metà tra contemplazione narcisistica ed esaltazione dionisiaca. Si consuma un processo di umanizzazione del ”cucino come sono” e si dimostra che siamo i maggiori produttori mondiali di sensazioni. La cucina di Instagram sembra sia rimasto il luogo dove si parla di sentimenti, di tempi e abitudini che innovano anche gli “spazi “sociali”. Dove a fare da mattatore sono il numero dei “mi piace”, che riscrivono le mitologie della socialità e diventano la giusta ricompensa dell’Ora et labora quotidiano per i protagonisti. Le preparazioni, quella della gente comune, non degli chef, parlano di ricette della nonna, della mamma, della cucina tramandata. Cucinare, come chi ti ha dato le origini, contribuisce in un certo modo a placare i morsi di questo periodo e della nostalgia, come se, insieme al cibo e alle tecniche di preparazione tradizionali, si tenesse con se, in questo “nuovo mondo” delle quattro mura, anche gli affetti, i famigliari, gli amici…. D'altronde la nostalgia, uno dei termini e dei concetti più belli e affascinanti coniati in epoca moderna, racconta l’inquietudine e lo spaesamento, evoca esplosioni e frantumazioni di tempi e di luoghi, lacerazioni e dispersioni, individuali e collettive, partenze, fughe, ritorni, abbandoni, perdite, rinascite.

lunedì 16 marzo 2020

L'ordine giusto

Si sa com’è un racconto: niente in esso è vero e tutto è vero. Cose della vita vissuta, fatti accaduti, gesti e parole di persone conosciute prendono un ordine diverso e si mischiano con altro. Ci penso mentre lo sto scrivendo, in piena emergenza Covid19, (mai avrei pensato di dedicargli un ulteriore spazio su Morsi di Gusto…), e la luce del giorno comincia a filtrare per la vetrata del mio studio. Da 20 giorni questa scena la inquadro in maniera diversa rispetto al passato: spero, ogni volta, che la nuova luce non sia foriera di nuove paure. Anche se questo sentimento dura poco. Fino a quando, con gli occhi, attraverso il giardino, scruto gli orti di Bra, la Langa, il Monviso, e lo sgomento iniziale si tramuta in emozione felice. L’anomalia del Coronovirus con la complicazione pratica, capace di sommovimenti profondi, radicali, della nostra vita, mi sta insegnando che è importante non farsi disarcionare dalla paura e a non cavalcare il caos dei pensieri. L’Italia è un paese di gente che ama stare insieme, abbiamo facilità di relazione che usiamo per stabilire rapporti. Ma esiste un bene superiore al quale è legittimo sacrificare qualcosa: è la nostra vita e quella degli altri. Lo so che le regole possono essere giudicate pedanti e le infrazioni attraenti. Ma in questo tempo falsato e costretto dal Covid19, non si deve pensare di prendersi una vacanza dagli impegni, soprattutto morali. Questa Italia imprevedibile, deve continuare ad essere un luogo speciale. Invito quindi quei professionisti spavaldi dell’anarchia, che schifano e sfidano le regole, di mettere da parte l’orgoglio dell’intelligenza che li spinge a cercare inutili circonvallazioni e non sottrarsi alle virtù nazionali. Rimanete a casa. Proteggetevi e proteggete i vostri cari.