venerdì 29 aprile 2016

John, il mio Amico inglese

John Irving, è in Italia  dal 1977, da quando “emigrò” da Carlisle capoluogo della contea di Cumbria, 15 km dal confine con la Scozia, a Torino per amore della Juve. Una follia, se ci pensate, ma è vero. C’è un libro di qualche anno fa di Gabriele Romagnoli, “Passeggeri”,  che parla della scelta di John e di storie simili, di uomini e di donne che, con i loro trasferimenti radicali, sono riusciti a dare un senso al loro vivere e essere felici. John lo conobbi a Torino alla fine degli anni ’90. Me lo avevano raccomandato per un lavoro di traduzioni. Avevo necessità di produrre un catalogo in lingua inglese quand’ero direttore marketing di Amedei Cioccolato, così andai a trovarlo un pomeriggio di primavera inoltrata nella sua casa-studio di corso Peschiera. Mi colpì da subito l’accoglienza amicale che John mi riservò, pur non conoscendolo. Nulla a che vedere con lo stile inglese e nemmeno torinese, molto di più meridionale. La sua casa di Torino, mi ricordo, era piena di libri che riempivano ogni parete e anche appoggiati su ogni superficie. Ce ne erano a pile ovunque, con titoli in italiano e in inglese. In alcuni posti ammassati anche per terra. John i libri non li possiede solo, ma li sbrana!. E poi i suoi quadri, il  pianoforte, che comunicavano la sua inclinazione per l’arte in genere. Mi piaceva tutto di quella casa. Ricordo che quel giorno quando uscii dall’appuntamento con John, mi sentii più ricco dentro. Non era il suo lavoro, quello che gli chiesi, ma me lo fece ugualmente, credo, per un inteso senso di “pelle”. In appena mezz’ora, pur non conoscendoci, quella volta John ed io avevamo parlato di tutto e di più. Oltre del lavoro, dei piaceri condivisi: della Juve soprattutto, della buona tavola, della lettura, dell’arte, della Sicilia, della famiglia….Da lì in poi la nostra conoscenza è cresciuta come anche la nostra amicizia. Agevolati dal fatto che il suo lavoro ha poi man mano preso più la piega eno-gastronomica, il mio settore, e anche per il fatto che solo un paio d’anni dopo John si trasferì a Bra proprio per lavoro. Qui vive in un appartamento del centro che assomiglia per alcuni versi a quello di Torino, ma contiene il triplo delle cose che aveva là sistemate allo stesso modo. Laurea in Lingua e letteratura italiane all'Università di Edimburgo, con una tesi sullo scrittore urbinate Paolo Volponi, John parla e scrive un italiano originale, scorrevole, piacevolissimo. Migliore di molti illustri intellettuali nostrani che si millantano, o che da alcuni sono millantati, tali. John è iper aggiornato su titoli e autori di libri mondiali, mai scontati. Per questo lo considero un po’ il mio “Tuttolibri”, a cui scrocco ogni tanto consigli di lettura. Ogni tanto John me ne regala anche qualcuno, mai banale, che compra rigorosamente doppio. Quel che mi piace di lui è che conosce molto bene il nostro bel Paese. Storia, tradizioni, luoghi, prodotti, gente, caratteri, dialetti…. Credo che John ami l’Italia addirittura più della sua Patria. Se dovessi incasellarlo direi che oltre ambasciatore della buona e bella Italia, John è un giornalista, con la g maiuscola, alla Mario Soldati. Un cronista vero, che racconta i luoghi e l’enogastronomia con l’ esperienza vissuta sul campo, mica “copia e incolla” o “persentitodire”. Oltre che un interessante e divertente scrittore. Collabora con Slow Food  e diverse altre testate tra cui La Stampa, The Guardian, l’australiana Gourmet Traveller e l'americana The Art of Eating….Tanto per citarne alcune. John mentre lavora ascolta la radio sintonizzata sui canali inglesi.  Ha un cuore grande, è una persona incredibile. Per mio figlio Enrico John è lo zio inglese. Ama il mare John, e quando può si rifugia li. E’ curioso, attento, conosce una marea di persone di tutto il mondo. Quelle che mi ha presentato fino adesso e ho avuto anche la fortuna di frequentare insieme, le considero “personaggi”, come lo è anche lui (ma guai a dirglielo). Nel senso che ciascuno di essi ha un “non so che”, un fascino incredibile, impossibile da definire. Inoltre, uno straordinario bagaglio culturale che li caratterizza tutti! Se io ne avessi solo una quarta parte del loro, vivrei di prepotenza. Ne parlo oggi di John perché da un paio di giorni ho ripreso a leggere “Pane e Football - Due Nazioni, due Passioni”. Un libro che lui ha scritto tre anni fa. Storie di calcio e gastronomia, come sa scriverle solo John, tra il colto e lo spassoso, di due nazioni, l’Inghilterra dov’è nato e l’Italia dove vive.  Pagine intriganti, di vita, di calciatori dannati, di ritratti di uomini che si sono trovati, ma anche persi per il calcio, di incredibili mangiate, di bevute colossali. Una sorta di romanzo autobiografico, anche, un libro intimo, credo, perché dice molto del suo rapporto col padre. Un libro intelligente, divertente anche, pieno di citazioni, di curiosità e di storie che raccontano molto bene chi lo ha scritto. John, il mio Amico inglese!

mercoledì 27 aprile 2016

I saperi della cucina nella relazione e attraverso la relazione


Ogni volta che vedo la Palazzina di caccia di Stupinigi, (Torino), una delle tante regge Sabaude inserita dall’Unesco nel Patrimonio dell’Umanità, mi manca il fiato. E la mente corre indietro nel tempo a sognare la maestosità dell’epoca che fu. La Palazzina di Stupinigi, però, non nasce come reggia, ma come ritrovo per la caccia: la statua in bronzo di un enorme cervo, simbolo della palazzina stessa, che domina dalla sua cupola ne è l’emblema evidente. E questo la dice lunga come molto spesso il tema della caccia sia collegato con la celebrazione delle residenze, dei luoghi di delizia e dei parchi allestiti dai Savoia. Pare insomma che esistesse una stretta connessione fra la caccia e l’immagine del potere, ma anche, di conseguenza, fra la caccia e l’attualità politica. Ma questo è un altro discorso. Sono qui per la Mostra Regine e Re di Cuochi dedicata alla Cucina italiana d’Autore, un percorso espositivo affascinante, multisensoriale, tattile anche, che consente di conoscere i 33 grandi cuochi interpreti della cucina italiana contemporanea e di entrare nei processi creativi e nelle cucine che caratterizzano la loro produzione autoriale (fino al 6 giugno). Collateralmente alla mostra si tiene un dibattito “La Cucina come Impresa” e i due protagonisti chiamati a discutere su questo interessante argomento, mediato dalla nota giornalista Marisa Fumagalli, appassionata scrittrice di enogastronomia del Corriere della Sera, sono due imprenditori: Davide Oldani, cuoco patron del Ristorante D’O di Cornaredo (Mi), e Angelo Agnelli a capo dell’azienda di famiglia Pentole Agnelli, a Lallio (Bg). Fiducia, coraggio, incontro, innesto, studio e progettazione, sono gli elementi che sono usciti fuori dal dialogo, e su cui si basa la relazione tra chi produce pentole e gli chef. Il confronto fra i due è filato per un’ora mezza, con un centinaio di uditori ammaliati dal fascino oratorio dei due e dalla loro complicità e complementarietà. Il rapporto fra chi fa impresa di ristorazione e chi di attrezzature per essa,  orientato secondo logiche di scambio e contaminazione nel quale la dimensione teorica e le pratiche sono reciprocamente assunte e dibattute…..Il confronto con l'obiettivo orientato al meglio e a rendere, per esempio, quella determinata padella, un prodotto migliore, per un modello di lavoro attuale, aggiornato all’esigenza della cucina moderna, delle ricette attuali, senza perdere l’effetto professionale che essa deve avere #NONTOCCATEMILAPADELLA. L'acquisizione della conoscenza, dell’una e dell’altra attività, che è anche relazionale, e si determina soprattutto nella dialogicità quotidiana. Nella consapevolezza che apprendere uno dall’altro è costruire, ricostruire, constatare per cambiare. L’impegno a rispondersi e non solo ad attendere, a proporre e non solo a consultare, a coinvolgere e non solo a socializzare. . E questo non lo si fa senza aprirsi al rischio e all'avventura dello spirito. Che bello!  I saperi della cucina nella relazione e attraverso la relazione.




giovedì 21 aprile 2016

Quanto sono curioso….!?!

Venerdì scorso ero impegnato in una Convention del Gruppo Agnelli, quello della famiglia di Bergamo, famosa per la storica fabbrica che produce pentole. Ad un certo punto dopo i vari interventi dei manager a capo di ogni azienda del Gruppo, ce ne è stato uno fuori dal coro che mi ha conquistato. L’intervento, di “un intellettuale prestato all’impresa”, aveva come oggetto la Curiosità, con frasi latine e citazioni anche di autorevoli filosofi passati e presenti. Curiosità, dal latino Curiòsus da Cura….pendersi cura, interessarsi”….. La curiosità evoca la “cura”, l’attenzione che si presta a quello che esiste o che potrebbe esistere” (Foucalt). Nessun riferimento a strategie, fatturati, investimenti, sviluppo, budget, target…. Solo la Curiosità! E il suo valore come  strumento per salire, giorno dopo giorno, le scale della consapevolezza, e della crescita. “La curiosità è il primo segno della vitalità di una persona”….. Il pensiero, le idee, i discorsi hanno una forza materiale (di nuovo Foucault)…. L’intervento molto acuto e di livello culturale alto, faceva anche riferimento alla Curiosità come stimolo alla continua ricerca del nuovo, dello sconosciuto, di qualcosa che si va ad inserire nel disegno della nostra conoscenza, oltre che sistema per aprire e rendere più elastica la nostra mente nei confronti di tutto ciò che ci circonda. E quindi la Curiosità come elemento per evolversi, aggiornarsi, arrivare agli obiettivi con consapevolezza. Curiosità per avere successo, per vincere sfide anche difficili. La Curiosità che non termina col raggiungimento dell’obiettivo, ma si spinge oltre…..! Così dalla scorsa settimana mi interrogo di quanto la Curiosità, (quella a fin di crescita, non da impiccione), ed io, siamo affini. Sono Curioso di tutto ciò che è storia, che è notizia, che non conosco, che mi sfugge, che va oltre quel che immagino e vedo, dei comportamenti delle persone, dei mestieri, dell’arte, del bello, del buono…. Dopo l’intervento, mi sono talmente incuriosito che ho invitato il Relatore a ritrovarci per approfondire la nostra conoscenza…Sono Curioso di assorbire un po’ della sua esperienza e dei suoi saperi. Quanto sono Curioso….!?!

martedì 19 aprile 2016

19 aprile. M'arricrio…., su' ffatti mia!

Più di mezzo secolo fa, Totò, un ex minatore siciliano che ha fatto la guerra in Russia, e sua moglie Elvira, con 5 figli, Angelo di 13, Iole di 10, Gaetano di 6, Giuseppe di 4, ed Elena di 2 anni, scelsero, loro malgrado, di emigrare al nord…. Ogni volta che compio gli anni, si spalancano i cancelli della memoria e vengo immerso nel vortice spazio-temporale sempre più pieno di ricordi che mi affiorano da destra e da manca. Sarà perché sono il più piccolo di una famiglia siciliana emigrata in Piemonte nei primi anni ’60, ma tant’é che tra mito, favola e superstizione meridionale, la mia venuta al mondo è considerata come eccezionale. Forse, meglio dire, straordinaria. Primo perché arrivavo dopo 5, poi perché ero “il piemontese” e il primo a nascere in un ospedale, ma soprattutto perché pesavo quasi 5 kg. Fu un parto complicato. Riuscii infatti ad uscire soltanto dopo manovre dolorosissime e grazie all’ausilio del forcipe. Santa mamma! Le narrazioni di quel momento, da parte di ciascuno più grande di me che me lo racconta ogni volta, abbondano anche di fantasia. Di per certo questa prima fatica mi ha lasciato il segno nella gestione del mio compleanno, perché da sempre lo festeggio riposando. Il 19 aprile da piccolo non andavo a scuola, da grande non lavoro. Il 19 aprile per me è come fosse festa nazionale. Mi dedico a me stesso. M'arricrio…., su'ffatti mia!

giovedì 14 aprile 2016

Mangio tutto. Sono per il peccato mortale.

Oggi intorno al cibo e alla cucina si sta insediando un senso di appartenenza ad uno o ad un altro schieramento che mi sa di fondamentalismo. Sono contro il fondamentalismo, religioso, politico, o che sia, figurarsi quello alimentare! Bio, Vegani, Vegetariani, demonizzati e/o idolatrati. Guerre di religione per sostenere il proprio regime alimentare, migliore dell’altro. Mai come in sto ultimo anno mi è capitato di sedermi ad un tavolo di un ristorante, per lavoro o per piacere, e condividerlo con la variegata fauna di commensali patologici, fautori di una o dell’altra “setta”. A me viene da ridere. Perché appena si siedono esternano proclamando orgogliosi la propria appartenenza. E quando tutti stanno zitti ci si mette il cameriere: “qualcuno di voi è Vegano, è Vegetariano…, è Normale?”.  Apriti cielo! Nell'annunciarsi di uno o dell’altro, ciascuno cerca opera meritoria per la propria scelta alimentare oltre che  cercare, per tutto il pasto, di convincere gli altri che se non passano dalla sua parte moriranno per questo o per l’altro motivo….Cibi che ti portano alle  malattie, anche gravissime, se non sei dei suoi. Rassicuranti, anche con elenco infinito di personaggi famosi che hanno sposato la causa, se stai con loro. Sono tutti professori di salute, di sano, di medicina, esperti di alimentazione anche. Quel che mi fa più ridere è quando ti fanno l’elenco dei veleni contenuti in uno o in un altro cibo in grado di stroncarti lentamente o velocemente a seconda delle quantità assunte:  “microrganismi probiotici che s’insediano piano piano nell’apparato digerente….  patogeni, cancerosi,……”. Ora immaginatemi a sti pranzi. Penso  di godermi il pasto ed invece mi sto intossicando. Anche di cazzate. Sono più che convinto che certi alimenti non siano più sani e naturali, (http://morsidigusto.blogspot.it/2016/03/comera-buono-il-pane-del-giorno-prima.html) . Non credo nemmeno ai prodotti “biologici”, perché penso che tali, possano chiamarsi solo quelli prodotti su Marte sotto una campana di vetro! Ma che se mangio una fetta di salame devo fare testamento, a questo non ci sto! Io sono rimasto al terrorismo alimentare delle vecchie credenze popolari tipo che se si rompe la bottiglia dell’ olio porta sfiga, come anche se cade il sale. Un terrorismo "democratico", fatto a fin di bene, fatto per evitare sprechi. E quindi rimango per il "peccato" alimentare, per il microbo buono che rende gustosi gli alimenti. Mangio tutto, rimango un peccatore mortale!

sabato 9 aprile 2016

Il vino mi assomiglia!

La vita dispone per noi connessioni e affinità impensabili. Il mio primo incontro col vino, è stato tanto tempo fa. Un incontro facile visto dove sono nato e vivo, ma per me molto particolare. Mi ricordo che era una fine estate degli anni ’70. Ero per Langhe con la mia Vespa Px 125 senza frecce color blu scuro e un po’di lire in tasca che mi guadagnavo fiero facendo il metalmeccanico nei tre mesi di vacanza da scuola. Dovevo conquistare una ragazza, e quindi scelsi un giro panoramico tra le vigne di qui per raggiungere una vecchia osteria di un paesino sopra Monforte che alcuni amici più vecchi di me mi avevano segnalato. Scelto cosa mangiare, l’oste ci guidò alla parete dove teneva le bottiglie e prendendone una in mano ci spiegò che era quella giusta per noi. Ma non si fermò lì. Con sta bottiglia di Dolcetto di Dogliani tra le mani ci raccontò che il vino è fatto di grandi passioni e di sacrifici, del duro lavoro, prima di tutto in vigna. Ci raccontò dei contadini, del rispetto per la terra, per le tradizioni, per le persone.  Di un patto fra l’uomo e la vigna che si rinnova attraverso gli anni e le stagioni mai uguali…Del vino come messaggero di una storia antica, ma ambasciatore moderno di una terra e del suo popolo…..Storia, tradizioni, cultura, territorio….Il vino come fonte di conforto e di coraggio, capace di bandire gli affanni… Il bagaglio di conoscenze e di attenzione che metteva parlando di sta bottiglia di Dolcetto ci stupì. Ci parlò anche del vino come medicina, come alimento speciale indispensabile….Aveva espresso un tal rispetto reverenziale e di amore profondo verso il vino al punto che la mia ragazza, una volta al tavolo, incrociando i bicchieri, mi disse che se le avessi dimostrato solo la metà di quei sentimenti l’avrei conquistata a vita…. Di lì in poi ho cominciato ad apprezzare il vino, l’ho sempre di più cercato per conoscerlo meglio. Anteponendo sempre i sentimenti che avevo imparato nella “lezione” dell’oste, tra leggenda e storia. Un po’ sognatore, da allora, la cultura del bere non mi ha mai abbandonato, anzi aumenta sempre. Oggi devo al vino un enorme debito di gratitudine. Soprattutto, anche perché mi ha cambiato la vita. Grazie a lui la mia passione, col tempo, è diventata un lavoro, una professione. Del vino mi piace soprattutto che è imprevedibile. E, in questo, un po’ mi assomiglia. Per chi c’è ci vediamo al Vinitaly!


martedì 5 aprile 2016

Corro di pancia. Di gusto, lento, ma fiero. Cronaca della mia mezza maratona di Firenze

Premessa. 
Mi piace fare sport. Mi piace correre soprattutto. Non sono però un fissato degli allenamenti, delle ripetute, della fatica gratuita, della prestazione a tutti i costi. Non sono per la sofferenza, insomma. Il mio fisico quindi non è da runner, anche perché a tavola non rinuncio mai. Devo ancora capire se corro per mangiare o mangio per correre. Correre però è quello che posso fare, in ogni stagione, ad ogni ora del giorno, quando posso e quando ne ho voglia. Col lavoro che faccio, sempre in giro,  tra ristoranti, iniziative, eventi, fiere del settore, e non, la corsa è quello che mi mette in pace con i miei eccessi. Tanto so che poi corro. La pratico dove mi trovo: ed è questo il bello. Ho corso, in un casino di posti in Italia e del mondo. Correre è un po’ come conoscere i luoghi dove mi trovo nel loro intimo, sotto punti di vista che vanno oltre le segnalazioni, i consigli, le guide, gli occhi. Con me ho sempre il mio zainetto con quel che serve per correre, ovunque: calze, scarpe, pantaloncini, maglietta, ricambi. Pesa niente. Il più delle volte corro in solitario: è qui che mi entra in circolo e si sviluppa meglio, in maniera naturale, la mia fase creativa. Quando sono a casa a Bra, soprattutto la domenica, invece, corro coi Sunday Run, un gruppo di amici con cui condivido lo spirito della corsa. Alcuni di loro sono anche competitivi e da loro mi faccio, (e mi piace farmi), trascinare in alcune gare. Quelle che per me rimangono le mie “mitiche imprese”.  Al mio attivo ne ho poche, ma di tutte ne sono orgoglioso e le posto sul profilo whatsApp (unico mezzo social che uso). Corro lento, ma fiero è il mio principio da runner.  Perché mi piace lo sport di fatica, ma per svago, senza l’assillo del cronometro, seppur lo consulto ad ogni fine corsa.

Venerdì 1 aprile, Firenze, Boscolo Astoria Hotel, ore 13.00, check in. Sono qui con la famiglia perché sabato sera ritiro il riconoscimento “terzo posto”, al sondaggio on line di Italia a Tavola "Personaggio dell'anno 2015", sezione opinion leader: podio con 6.812 voti! Prima di me Sara Papa e Joe Bastianich. Dopo di me, in classifica, illustri personaggi, anche amici. Qui lascio macchina, bagagli, moglie e figlio. Alle 16.00 devo ripartire da solo in treno per Roma dove la sera ho un impegno nel negozio monomarca di Pentole Agnelli: si rinnova #NONTOCCATEMILAPADELLA , il format del progetto dedicato alla stampa e amici influenti. 
 “Buongiorno e benvenuto signor Di Dio: la informiamo che domenica mattina tutte le strade del centro di Firenze saranno chiuse al traffico perché c’è la mezza maratona” - mi dice la signorina della reception mentre mi accoglie. 
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! (E’ questo, quasi come un urlo, che mi si ripercuoterà in testa per non so quante volte da quel momento in poi).  
 “Per cui – continua la signorina - le consigliamo di partire la mattina prestissimo o dopo le ore 12, termine della corsa…, eccole il flyer della Uisp che organizza l’iniziativa sportiva con tutte le indicazioni del caso sulle vie d’accesso e no”. 
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Con la coda dell’occhio capto gli sguardi preoccupati di “sfida” di Claudia e Enrico che quasi in coro mi dicono ciascuno la propria: “Mica penserai di correre”…., mia moglie, “Papino, mica te la vuoi perdere?”…., Enrico.
In macchina ho tutto quel che serve, anche se è roba da sfigato e non da gara.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
La devo fare! Becco il flyer della Uisp e senza pensarci un attimo chiamo dal cellulare il nr di telefono dell’organizzazione….1 squillo, 2 squilli, 3 squilli, 4 squilli….sono ansioso….Qualcuno mi risponda c…..! Solitamente al terzo squillo mollo, ma stavolta insisto fino a quando non cade la linea. Deluso, mi conforto guardando l’ora: saranno tutti in pausa pranzo, penso. 
La mezzaaaaa maratonaaaaa….?!?!?!
Mica me la posso perdere!? Sul treno ci riprovo. Al terzo squillo dall’altra parte del telefono finalmente una voce: “Uisp Firenze, buongiorno  …., desidera?”. Gli spiego che sono arrivato a Firenze da poco, ho saputo della “mezza” e vorrei iscrivermi. Rafforzo di più con “ho visto che on line non è più possibile….”. “Appunto, mi spiace Signore, ma la “mezza” è già chiusa da un pezzo…”. Insisto ancora alla mia maniera…. “No, davvero Signore, mi creda….neanche più un pettorale” – mi ribadisce. A sto punto carico ancora di più l’asso….. Sono alla supplica, alla faccia da culo senza vergogna, all’insistenza più piagnucolosa, caritevole....Finalmente dall’altra parte, non so se per pietà o per sfinimento strappo una improbabile promessa : “Mah, guardi Signore, non so che dirle...., provi a fare un salto domattina in Piazza Santa Croce dove consegneremo i pettorali e pacco gara. Ma non le assicuro nulla perché è da un pezzo che abbiamo il tutto esaurito”.
La mezzaaaaa maratonaaaaa….?!?!?!
La serata di sabato a Roma scorre in maniera speciale. Ritrovo gli amici influenti coi quali chiacchiero, ipotizzo  programmo. Si ride, si scherza, si selfieggia, anche. Ma soprattutto si assaggiano assieme le cose squisite che ha preparato lo chef Adriano Baldassare: battuta di vacca, crescione e yogurt, raviolo di ostrica, polpetta di coda, carpaccio di funghi, agnolotti cacio e pepe, spaghettoni ajo e ojo, cappuccino di baccalà, hamburger con pane cumino, insalata di coniglio su fetta pane nero. Per non farmi mancare niente ci abbino senza regole precise tutta la batteria dei vini, bianchi e rossi, di Casale del Giglio a disposizione, e in più qualche cocktail tanto per gradire. Abbandono, con un po’ di sacrificio e anche dispiacere la serata all'1 di notte passata...La pancia è piena. L'albergo è a due passi, ma allungo…per digerire meglio! Spengo la luce alle 2 su per giù....
La mezzaaaa maratonaaaaa!?!?!?!
Sabato mattina ri-arrivo a Firenze Santa, Maria Novella. Senza passare dall’albergo mi precipito in piazza Santa Croce dove mi raggiungono Claudia e Enrico coi loro due sentimenti diversi, ma invariati. Nella postazione destinata al ritiro del pacco gara c'è il mondo multi etnico. In una postazione individuo un tipo che smanetta su un pc così mi avvicino a lui, discretamente, quasi timoroso, sussurrando miserevolmente: "Mi chiamo Maurizio Di Dio, sono quello che ha telefonato ieri....", “Può essere, mi dice un certo Fabio della Uisp di Firenze, scrollando già la testa a destra e manca come per dire no, nulla, mi spiace…Insisto. Devo vedere,… se…., ma...,non so…aspetti il suo turno”.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! 
Dopo aver visto passare davanti a me almeno una diecina di persone di ogni razza con fogli in mano che gli chiedono lumi sul buon fine iscrizione on-line,  è il mio turno. Tocca a me: “allora? Che desidera Signore?-  mi chiede ancora sto Fabio. “Guardi - gli dico - sono qui a Firenze e per caso ho saputo ieri della “mezza”…..sa…, arrivo da lontano,….quindi mi piacerebbe…… Ho anche con me copia sul telefonino del certificato medico…ho la tessera della mia società…ho tutto. Mio figlio ci terrebbe davvero tanto vedermi correre per Firenze….Sta città meravigliosa, orgoglio della nostra Cultura….
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! 
Lo supplico, lo imploro…., credo anche di avergli detto qualcosa di veramente imbarazzante a ripensarci bene. “Signore, mi spiace ma non abbiamo nemmeno più un pacco gara a disposizione…però aspetti un attimo…., vediamo,  se trovo ancora un pettorale libero, altrimenti, davvero, non se ne fa nulla!”. E si allontana di un paio di metri dal suo posto.
Non lo perdo d’occhio neanche per un istante. Allunga una mano in una cartellina…sfoglia, rimesta, tira fuori, rimette dentro, poi tira ancora fuori…Finalmente ha in mano qualcosa. E’ lei: la pettorina, ultima a disposizione, senza pacco gara. Numero 2055, è mia.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! 
E’ fatta. Corro! Rivado dai miei che si erano allontanati anche un po’ per la vergogna e glielo dico. Tu sei pazzo, commento di mia moglie…. Grande papino, corro anch’io con te. La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Da lì in poi trascorriamo la giornata fiorentina tra convegno a Palazzo Vecchio, il pranzo, un caffè, una passeggiata tra monumenti più famosi, un po’ di cazzeggio, shopping e qualche gelato. Rientriamo in albergo quasi al pelo per prepararci. Alle 20.30 la famiglia è tutta in “tiro”: si va a Palazzo Borghese per ritirare il riconoscimento di Italia a Tavola. Palazzo Borghese è un posto da urlo, da libri di fiabe. Scaloni, statue, specchi, quadri, pizzi, merletti, cornici, tendoni, tappeti, e ogni meraviglia d’arte e non solo, che si vorrebbe, sono lì. In più, folla di gente tutta in ghingheri con personaggi famosi ben disposti. Saluto, stringo mani, ricevo complimenti, scambio battute, mi complimento anche io. Osservo, e prendo confidenza col posto, tutto sotto gli occhi attenti di mio figlio che non mi molla un istante e mi imita anche nelle pose.….Nei, non mi ricordo quanti, saloni da fiaba c’erano postazioni di chef, stellati e non, che servivano ogni bendidio di roba da mangiare. Giro di ricognizione per capire cosa e da chi partire e poi con Cla e Enri, si va cogli assaggi di “Bengodi”.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! 
Anche se il pensiero era sempre quello, al domani, non potevo rinunciare, non potevo dire di no, non me la sentivo: fragoline di mare al verde con polenta bergamasca dei fratelli Cerea Ristorante da Vittorio; ravioli di cavolfiore e patata, spuma di latte di capra, olio di ricci di mare e caviale di Claudio Sadler; la  minestra di fave con ricotta di pecora, gamberi rossi di mazara del vallo, ricci e pasta di kamut (presa due volte, d’altronde lo sapete che vado matto per le verdure) di Fabio Potenzano e Lorenzo Alessio; la pralina di coscia d’anatra con mela verde croccante di Annie Feolde; la frittella di riso acquerello alla birra, aringa affumicata e mascarpone al lime di Marco Stabile; il risotto regina vittoria con gambero rosso siciliano e tartufo nero di Enrico Derflingher; gli spiedini di calamari e carciofini con salsa all’arrabbiata di Daniele Zennaro; i peperoni del piquillo con le alici del cantabrico di Matteo Scibilia. e poi i dolci di Gianluca Fusto di Paolo Sacchetti; di Andrea Restuccia; di Federico Anzellotti di Matteo Berti, di Francesco Cione, di Flavio Esposito, di Paolo Rovellini, di Marina Milan, di Gian Nicola Libardi, di Cinzia Ferro…Tra uno e l’altro vini a gogò, tra bollicine e fermi di ogniddove, bianchi e rossi.
Nel mezzo, ritiro anche il “premio” Italia a Tavola: nomination, palco, foto di rito, ringraziamenti, ri-foto, ringraziamenti, di nuovo foto, ri-ringraziamenti….All’1 di notte scappiamo.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Per non sentirmi in colpa chiedo ai miei di allungare anche il ritorno in albergo a piedi , a passo sostenuto, tanto è tiepida la notte fiorentina. Per “digerire” meglio dico convinto…Sich!. No comment dei miei, ma gli sguardi di Cla e Enri mi fulminano. Spegniamo le luci in stanza passate le 2.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Alle 6 sono già sveglio. Mi rigiro un po’ nel letto, ma poi non ce la faccio più. Vado in bagno, Sciaccquata e partitina a tennis sul cesso col tablet. Ne vinco 3 “esperto” di seguito, mai successo. Poi mi vesto con quel che avevo dietro da runner. Claudia dorme beata. Enrico apre gli occhi: “buona corsa Papino, - mi dice - vinci!”. Dalla gola soffocata dall’emozione mi esce solo un flebile “grazie Amore, dille a mamma che ci vediamo all’arrivo, con comodo, verso mezzogiorno….ma credo che lui non  abbia nemmeno sentito, tanto ero strozzato in gola.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
A colazione mando giù per forza un paio di fette biscottate con nutella e marmellata, un po’ di frutta fresca e un caffè. Ma soprattutto tra una cosa e l’altra mi scolo due litri d’acqua…. Alle 08.00 sono in strada per raggiungere la partenza della mezza. Si parte alle 09.30 ma non mi ricordo da che Lungarno. So solo che è quello a due passi da Piazza Santa Croce. Per non sbagliare strada seguo la scia di quelli abbigliati sportivi.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Finalmente, mezzo infreddolito, arrivo a Piazza Santa Croce in festa: voci, richiami in tutte le lingue, volti concentrati, volti sorridenti, riscaldamento di gruppo a suon di musica, foto, selfie…., bagno. Appiccicato a una tensiostruttura laterale ad un certo punto scorgo un immenso tabellone con su scritto “confronta il tuo nome col tuo numero”.  Mi avvicino, scorro la D. Non mi trovo. Panico!
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Vedo Fabio Uisp sempre lì al suo posto. Mi riavvicino: scusa, non trovo il mio nome - gli dico. “Ecchè pretendi…, il tabellone è pronto da ‘na settimana…, da quando abbiamo chiuso le iscrizioni…., vai, tutto a posto. Vai, corri!” – non ti preoccupare e mi spinge via.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Mentre tento di scaldarmi corricchiando qua e là si materializza davanti a me Leonardo Romanelli, fiorentino Doc, conosciuto ai tempi di Arcigola (oltre venticinque anni fa), una faccia conosciuta, nella marea di gente, che non rivedevo da tempo. Tra una foto e l’altra gli spiego e lui fa lo stesso: l’hanno coinvolto per raccontare la mezza dal punto di vista di un enogastronomo. La sua cronaca la trovate qui  http://www.leonardoromanelli.it/half-marathon-firenze-2016-la-cronaca-di-un-critico-gastronomico/
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! Alle 09.30 siamo tutti schierati ai nastri di partenza pronti per il via sul Lungarno. Dieci metri di strada in larghezza per quasi 1 km in lunghezza  di variegata umanità, schierata in maglietta e calzoncini per correre 21 km e passa. Siamo lì in trepida attesa dello start. A vociare, a chiacchierare, a consultare il cronometro, a slegare e rilegare scarpe, a sbattere le mani contro petto e cosce, a cercare volti conosciuti, a richiamare amici, in tutte le lingue. La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!Io sono lì solo coi miei pensieri. Penso soprattutto all’immensità dei monumenti fiorentini che rivedo ogni tanto quando passo da Firenze e non smettono ma di meravigliarmi. Penso se ho fatto comprendere bene ad Enrico quanto siano importanti e quanto è grande e capace l’uomo: il Duomo, Il Battistero, la Galleria degli Uffizi,  Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio, Piazza della Repubblica, la Chiesa di Ognissanti, Palazzo Pitti, Ponte Vecchio…. Tra  poco me li godrò correndo, alla mia maniera, sono tutti compresi nel percorso. La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! Pronti, via. Da subito corro al ritmo dei miei passi, come lo chiamo io, cercando di raggiungere i palloncini delle 2 ore che stavano circa mezzo chilometro prima di me, essendo io partito molto indietro. Appena agganciati ho corso affiancandoli per un po’. Mi sentivo bene, Caspita! Mi godevo anche tutto. La folla, i monumenti, la corsa, i miei pensieri.  Così allungo ancora il passo. Ad un certo punto mi rendo conto che sono ad uno sputo dai palloncini di 1 ora e 50. Li supero su un ponte di  un Lungarno. L’ultimo passaggio sul Ponte Vecchio è da brividi con la gente che urla, batte le mani, fotografa… La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! Manca poco è quasi fatta. Rettilineo del Lungarno e poi due curve, una a sinistra ed una a destra, per arrivare in sprint al traguardo di Piazza Santa Croce: stacco il cronometro e alzo gli occhi sul display dell’ora: 1:44:25. Quasi non ci credo. Bestia! 
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! 

venerdì 1 aprile 2016

Giuro, non è un Pesce d’aprile

Ai tempi di scuola il pesce di aprile per me era quello di carta ritagliata che cercavamo di appioppare o non farci appioppare dietro la schiena a scuola. Poi invece stavo attento a non abboccare agli scherzi degli amici, soprattutto quelli telefonici. Oggi invece i pesci d'aprile ci arrivano dall’etere, sono veloci, sono tantissimi, sono globali e  fanno leva su principi di politica, società, scienza, cultura….sempre più vicini alla realtà, a volte subdoli anche. E cosa peggiore è che a  diffonderli sono persone o mezzi di informazione credibili. Facile quindi che, lanciata la farsa, qualche agenzia di stampa “copia incolla” la amplifichi con la “patente” di vera, mettendo a meditazione mezzo mondo sull’accaduto fino a quando qualcuno non la “timbra” Pesce d’aprile, e la smentisce, magari in ritardo. Oggi 1° aprile, quindi qualsiasi cosa si faccia o si dica, vera, certa, rischia di non essere presa per seria. E’ capitato anche a me. Ma è un pesce d’aprile? Ma è uno scherzo? Siamo sicuri che non è un pesce d’aprile come i tanti?
Sì, è tutto vero!  Lo giuro! Ma non lo ripeto più a tutti i miei amici romani e di zone limitrofe che stasera in via Basento 52 a Roma, nel negozio mono marca Pentole Agnelli, ci sarà un’esclusiva festa ad invito dedicata al progetto  #NONTOCCATEMILAPADELLA.
Si gusta, si ride, si chiacchiera, si fa amicizia, si vivono sensazioni….
E il Pesce d’aprile finisce in pentola. Nella pesciera Agnelli. Cucinato e pappato!
Tra i fornelli lo chef Adriano Baldassare e……, sentite un po’….., Angelo Agnelli.
Boh!  Sarà questo che lo fa sembrare un pesce d’aprile?
Ci vediamo lì. 
Dalle 20 in poi.