martedì 30 maggio 2017

Confessioni private

Mi piace viaggiare in treno. Quando viaggio in treno leggo, consulto internet, scrivo mail, telefono e ricevo telefonate… Ah…, le telefonate! Sul treno, si racconta un’Italia interessante al telefono. Un mio amico attore, volto noto, un paio di settimane fa me lo aveva fatto notare recitandomi, mentre eravamo a tavola, una sua brillante parodia sulla questione… Raccontandomi, col far suo, la differente dialettica telefonica dei passeggeri che viaggiano sul treno che percorre la stessa tratta, ma in direzione opposta..., da Torino a Salerno era  il suo esempio. Così, l’altro giorno, visto che in giornata mi è toccato andare e tornare in treno da Torino a Firenze, proprio su quello che va a Salerno e viceversa, ho fatto più attenzione a sta cosa. Ho provato a seguire le conversazioni  dei diversi passeggeri che man mano salivano su sta tratta. E mi sono ritrovato letteralmente catapultato in un film di neorealismo..., di uno  spaccato d’Italia fatto di rituali e virtuosismi sorprendenti, di detti, di confidenze, di gestualità, di folklore, di…! Le telefonate dei passeggeri partiti con me dal vecchio Regno Sabaudo, per esempio, hanno un tono sommesso… quasi da riunione di lavoro. Quelli di Torino non parlano quasi.., annunciano! Conversano al telefono attraverso monosillabi…  “Si, no, mah… ”.  “Certo, va là neh, e forse”, sono le parole più lunghe che gli escono! Quelli che salgono invece a Milano, al telefono, comunicano per lo più strategie... I più, emettono sistemi matematici…, conti, statistiche, dati… e inglesismi  “Si, si, il Business Plan è pronto... Ce la possiamo fare…, Si, si,,. direi un discreto Target… Certo che con un altro Budget a disposizione….”. Ahh , ahh, ahha! E’ tutto vero! Fateci caso appena potete… Al ritorno da Firenze verso Torino regna invece un’aria più leggera… I viaggiatori hanno sguardi benevoli e compiaciuti, affascinati e stupiti, smarriti e incantati, meravigliati e anche increduli. Sulle carrozze che dal sud vanno al nord c’è tutta un’altra atmosfera…., più originale, meno artefatta. Qui le conversazioni telefoniche dei viaggiatori, che sono saliti alle stazioni precedenti…, Salerno, Napoli e Roma, diventano puro spettacolo… I toni sono più accesi come anche le gesticolazioni..., più pittoresche. Il treno per sta gente diventa il luogo privilegiato per manifestarsi…, anche di confessioni private…  Ho colto una tipa che al telefono senza controllare troppo il suo tono della voce confidava a chissà chi le sue vicende più intime… Peccato che c’era anche tutto l’intero vagone che ascoltava…. La telefonata più bella però l’ho sentita da Reggio Emilia verso Milano… E’ durata quasi tutta la tratta, tra la linea che cadeva e le richiamate. Sul treno una signora sui 30 anni, dal forte accento campano:  “pronto mammà….si, si, sto sul treno... si si..., ho preso tutto. No.., non ho mangiato… Siiiii, stai tranquilla….Tra un po’ mangio quello che mi hai fatto tu…Tu stai bene? Hai preso le medicine…, si? Brava! Il tempo lì com’è? Qui sembra buono... I bambini sono in strada? Mi raccomando falli mangiare e poi mettili subito a letto…! Ma noooo…, gli basta una frittata di Scammaro….! Apriti cielo… Da sta frittata di Scammaro in poi, si è scatenata una diatriba infinita fra le due al telefono. La contesa, l'idilliaco equivoco, ai due capi, riguardava gli ingredienti dei uno dei capisaldi dell'arte culinaria partenopea di fare necessità virtù… Ne è venuto fuori un vero saggio di economia domestica di come si doveva cucinare sta ricetta degli avanzi. Ma in particolare la disputa-siparietto fra le due donne riguardava le acciughe… Una voleva mettere quelle sotto sale, l’altra quelle fresche appena saltate in padella con un filo d'olio… Su sta acciuga, così o cosà, da mettere nella frittata di Scammaro, mi sono goduto uno dei più bei momenti di fervore culinario… 

martedì 23 maggio 2017

Robot-chef

L’altro giorno su La Stampa ho letto con una certa curiosità, ma anche con un po' d'angoscia, l’articolo “Il pranzo lo prepara il robot”,  a firma Paolo Mastroililli inviato a New York.  In un ristorante sulla Madison Avenue dal nome che è tutto un programma, “Eatsa”, un fottio di clienti ogni giorno mangiano quello che prepara una macchina, come quelle che distribuiscono merendine, sigarette, bibite..., è solo più grande! Metti i soldi, premi il pulsante di quello che desideri mangiare di una fantomatica lista e tempo cinque minuti ti esce il tuo pranzetto, alla modica cifra di 10 dollari e 15 centesimi più tasse. Senza che tu debba rivolgerti a qualcuno del locale che assomigli ad una persona… Che tristezza! Ora, lasciatemi dire… E’ pur vero che la tecnologia e i robot ormai vivono tra noi nel quotidiano e senza alcuni di essi ci sentiremmo persi..., ma farsi preparare e farsi servire pranzo da una scatola metallica, per favore, no! Il cibo è cultura, filosofia, storia… Così invece si accelera la società del surf come dice Baricco “… la superficie al posto della profondità, la velocità al posto della riflessione, le sequenze al posto delle analisi, il surf al posto dell’approfondimento…” Se è vero che la culinaria sta a metà strada fra l’arte e la fisica, sappiamo tutti che ci vuole qualcosa di più che la semplice tecnologia per combinare ingredienti, assemblare, mescolare, far reagire…. Sta cosa se entra in pista cambierà non solo in peggio la nostra società e la nostra economia, ma anche  il nostro midollo spinale. E poi? Sottinteso il valore della figura umana e professionale che serve a produrre una ricetta..., dove la mettiamo la dimensione temporale della cucina? Per cui l’attesa è necessaria per cuocere e per saltare una pasta, per far lievitare un dolce, per far scottare un pesce o le verdura al punto giusto?  Perché le cose da cucinare, hanno bisogno del tempo giusto per dirsi compiute e buone! A proposito di buono..., l’altra sera durante una cena in uno dei miei posti del cuore, si discuteva proprio sul valore del buono… Alcuni dei commensali al mio tavolo affermavano che il buono è buono..., indistintamente, per tutti, allo stesso modo! Quindi se sto robot fa cose buone, (Sigh!), secondo loro, sono buone, a prescindere, per tutti. Ho cercato con fatica di spiegare a sta gente come la penso sulla questione. E cioè che al di là del simbolo, come caso alimentare reale, per me il buono è qualcosa di molto più ampio oltre che essere un fattore molto soggettivo. E’ come il bello, come il gusto… Buono è intrinseco ai concetti di gusto e di bello, proprio all'origine dei piaceri. Come diceva Montesquieu nel suo "Saggio sul Gusto" , "... è bene conoscere l'origine dei piaceri di cui il gusto è la misura: la conoscenza dei piaceri naturali e acquisiti potrà servirci a correggere il nostro gusto naturale e il nostro gusto acquisito. Occorre partire dallo stato in cui si trova il nostro essere e conoscere quali sono i suoi piaceri per riuscire a misurarli, e talvolta perfino a sentire i suoi piaceri". Sto cibo di Eatsa, che mi fa incazzare solo a pensarlo, così miseramente esposto ineluttabilmente ai tempi e ai ritmi fisiologici di preparazione di un robot…, per me non può essere buono, nonostante!  Il "bello" è che il primo ristorante automatizzato di New York, diceva l’articolo di Mastrolilli, fa parte di una catena con succursali già a Berkeley e a Washington…. Mi fa rabbrividire pensare a sta moltiplicazione di un luogo del cibo vile, falso, antisociale…, a sto modello di ristorante turboglobalista fatto di precarietà delle professioni e di follia tecnologica applicata ad un bene primario come quello del cibo! Se va avanti sto andazzo, che segna senza ombra di dubbio, un moderno rito di passaggio e di distacco dalle penetranti delizie dei cuochi e delle attente coccole della sala, ci troveremo a percorrere un viaggio futurista nel buio verso contrade gastronomiche indescrivibili. Con un condizionamento perverso della cultura culinaria e dei comportamenti legati ad essa delle future generazioni. Saremo prigionieri di un potere irresponsabile che ci porterà a vivere in una cultura gastronomica impalpabile, parallela e falsa. Lo so che in Italia siamo abbastanza al riparo da sto scenario apocalittico..., ma bisognerebbe già pensare di tutelarci nel caso in cui qualcuno, con la testa da robot, possa pensare di installare in giro per l’Italia, sto marchingegno... Magari in nome di qualcosa che secondo lui ha a che fare col principio del buono..., di qualcuno!



martedì 16 maggio 2017

Attivisti globali

“Verba volant”, dicevano gli antichi Romani. Ma poche parole dette a caldo, sull’onda emotiva di un avvenimento vissuto in diretta, incidono sulla massa più di milioni di libri..., devono aver pensato quelli che la scorsa settimana hanno sganciato 850,00 euro per ascoltare Barak Obama a Milano in occasione di Tutto Food! 3500 persone… (Sigh!).  Nulla contro l’ex inquilino della Casa Bianca, anzi…  Però, caspita, anche se rimane un pezzo da 90, mi pare una somma spropositata per sentirlo parlare… Soprattutto  se si considera che per visitare il Seeds&Chips di euro ne bastavano 50 e che un pass di quattro giorni per le conferenze ne costava 450,00… L'altro giorno c'ero anche io lì, a Tutto Food…, a due passi da Lui! Però me lo sono perso..., diciamo per raggiunti limiti di budget culturale! Ma cosa  mi sono davvero perso? Tra quello che ho letto in giro, alla fine, credo ben poco di cui non abbia già sentito.…  Obama, infatti, a sta folla dorata, per un’ora e mezza, dal palco di 'Seed&Chips', ha parlato di alimentazione, sostenibilità, ambiente, lotta agli sprechi, ruolo delle nuove generazioni, tecnologia, futuro, agricoltura…  Da uno come lui che ha avuto a che fare coi potenti del mondo, per onori e oneri mondiali…, mi sarei aspettato qualcosa di più. Soprattutto, tenuto conto che la premessa  di Obama è stata quella di voler parlare ai giovani, “un discorso per i 20enni” ha dichiarato, (Sigh!). Peccato che ad ascoltarlo c’erano i soliti politici e una folla di matusa col portafoglio gonfio. Ma tant’è, si sa, viviamo in un mondo di superficiali illusioni e di crescente ebetismo….  Mi ha colpito invece la boutade secondo cui nei prossimi dieci anni Obama, con la sua fondazione, insieme a Matteo Renzi, farà un lavoro di scouting in giro per il mondo per far crescere leadership giovani…, per mettere in piedi “un network di attivisti globali”. Evviva! Credo che a sto mondo serva una moltiplicazione delle intelligenze..., una moltiplicazione dei ragionamenti, delle ipotesi, delle osservazioni, degli studi....! Spero però che sti giovani non si mettano solo passivamente dietro una guida…, ma osservino, riflettano, pensino, percorrano…. Con la stessa etica della scienza, (e non quella della politica), che ha nella verità l'unico imperativo fondamentale. E spero anche che sto network consideri  bene il fatto che il controllo umano ormai si è esteso talmente…, che tutto è diventato artificiale. A tal punto che non esiste più una natura esterna all’uomo..., (Sigh!).  Pensateci bene! Stiamo perdendo il patrimonio della vita…. Tutte le specie viventi, un tempo temute e cacciate, il leone, il lupo, la balena, sono tenute in vita perché l'uomo ha deciso di proteggerle. Oggi non ci sono più foreste vergini, ma solo zone protette, parchi naturali....  E un parco naturale è in realtà artificiale come una serra, come un supermercato…


martedì 9 maggio 2017

Terre della Montanina


Mi è difficile sottrarmi alla suggestione antropologica della vita contadina. Ancor più quando a sensibilizzarmi sul tema è un caro amico come Carmelo Chiaramonte, chef colto ed eclettico, siciliano di Modica, che giovedì sera mi ha fatto percorrere un’altra formidabile tappa di queste mie piacevoli esplorazioni. Nei giorni precedenti in cui ci siamo sentiti per fissare l’appuntamento di lavoro, che avremmo consumato a Bergamo da Pentole Agnelli, Carmelo mi aveva avvisato: “dopo ti porto in un posto originale, per incontrare persone speciali, amici miei”. Meta San Ponzo Semola, quattro case e una chiesa nel cuore dell’Appennino Pavese, difficile da scovare tra le classiche mappe geografiche. Per me, fino a giovedì scorso, la zona del Pavese era sempre stata una terra piatta, noiosa, invasa da acque e dedita alla produzione di riso e poco altro, (Sigh!). Invece…! L’altro pomeriggio, percorrendo i posti che da Pavia tagliano verso Varzi e poi verso la meta, i luoghi incontrati mi hanno sorpreso per la loro ricchezza di colline coltivate di ogni cosa che si arrampicano anche alte verso il cielo. Strada facendo sono stato adescato e attratto da più ariosi e meno calpestati paesaggi dove il turista gastronomico di oggi, credo come me fino all’altro giorno, non mette di solito piede... Arrivati a destinazione, nel cortile di una  strana cascina, che poi ho scoperto essere stata un tempo una suggestiva caserma di Lanzichenecchi, (soldati mercenari di fanteria arruolati da Legioni tedesche del Sacro Romano Impero che combatterono tra il XV° e il XVI° secolo), ci accolgono Lino Verardo con la moglie Mariangela e il giovanissimo figlio Luca, con fare e sentimento d’altri tempi! Mi rendo subito conto di trovarmi in un luogo quasi fiabesco…, felice! Appena dentro casa mi sento in un mondo che già conosco, ma ancora più vero e remoto. Un mondo ormai scomparso. Nella umile, ma ben sicura cucina col camino d’epoca, la tavola è già imbandita in attesa di cibi veri da consumare per spegnere le fatiche contadine. Un poster di Che Guevara e alcune foto di Fidel Castro, appesi qua e là, testimoniano le simpatie politiche del padrone di casa…, come anche il libro sul “Sessantotto genovese”, appoggiato sulla credenza, lascia intendere che una volta sbrigate le cose di campagna, in questa casa, qualcuno ama darsi alla lettura impegnativa… Dopo aver preso confidenza ci siamo seduti alla tavola dei Verardo, allestita come una specie di altare sul quale cibi veri occupavano il maggior spazio... Salame contadino, fave fresche di Leonforte portate dall’amico Carmelo, un piatto enorme colmo di tranci di una specie di torta pasqualina, formaggi misti capra-vacca- pecora, vino, bianco e rosso locale, e pane scuro fatto in casa... Un pane che sormonta tutti i sapori che contengono le cose gustose e mi riempie subito l’anima di una gioia inesplicabile... Rimango rapito dalla bontà di sti prodotti, ma soprattutto dalla conoscenza di questa famiglia... Tra un muggito e l’altro di vitellini e mucche, separati, che si chiamano a vicenda nella stalla vicina, ascolto estasiato la loro storia e quella personale di Lino Verardo, 62enne dalla barba lunga e un bosco di capelli sale e pepe disordinati, che me la racconta.  “Lino il genovese”, per quelli di qui, mi racconta che da giovane partiva da Genova alle cinque di mattina per raggiungere Voghera dove si è diplomato perito agrario. Poi un periodo di lavoro a Reggio Emilia e l’ approdo in questa fattoria sperduta per amore e passione verso alcune razze di bovini autoctoni che stavano scomparendo: la Montanina e la Cabellotta o rossa di Varzi! Mucche che producono al massimo 30 quintali di latte all’anno, ma molto digeribile…. Mentre mangio ste squisitezze, mi appassiono sempre di più alla passione di Lino. Di questo grande contadino, indisciplinato, fantasioso, ribelle, originale…, maestro di un mestiere diverso da quello che i più conoscono. Uomo competente, di grande capacità contadina. Forse uno dei pochi del nostro Paese rimasti liberi, Lino ha un’altra qualità che diventa preziosa se si accompagna all’intelligenza e alla bontà d’animo: è allegro! I suoi prodotti superano qualsiasi tipo di denominazione., biologico, ecosostenibile, biodinamico, naturale, per rimanere unicamente unici, “fatti come si deve”. Produzioni che non hanno mai risposto a corteggiamenti e proposte pseudo istituzionalpopolari, come nemmeno ai presidi o simili… Oltre le mucche, la famiglia Verardo, nella sua fattoria, alleva anche capre, pecore, maiali, e asini, di razze poco conosciute. Le bestie qui crescono al pascolo e si nutrono solo con foraggio prodotto dalle terre coltivate dai Verardo che garantiscono il latte con cui loro producono ottimi formaggi e vendono in un piccolo spazio della casa adibito a negozio o quando abbonda anche a qualche fedele gruppo d'acquisto. Il resto serve a sfamare la famiglia…. Di colpo, nel colloquio generale, sono tornato ad essere quello che vuole assolutamente sapere di storie e tradizioni andate. E così domando di sti effetti meravigliosi… Scoprendo questo incredibile personaggio, capace di adattarsi assieme alla sua famiglia alle situazioni più difficili, senza l’ingombrante meccanizzazione moderna, in accordo con la natura e conservando intatti i suoi principi. Lino mi racconta con generosità e commozione, che da poco ha fondato un’associazione, “Terre della Montanina”, per far conoscere le razze bovine della zona e acquistare uno storico mulino ad acqua per tritare le granaglie antiche reimpiantate nei campi di una ventina di vicini contadini, complici… Un progetto che vuole trasformare i grani antichi della terra in preziosi beni commestibili…. L’ interesse al Mulino è genuino. “Ci vogliono 200.000,00 euro…, li vorremmo raccogliere con il sistema Crowdfunding”, mi dice Lino con la sua umanità. Il fine è nobile, come la neo Associazione..., come pure la tenacia e la fierezza di propositi che sono la caratteristica più spiccate di quelli aperti di mente. Per questo gli prometto di impegnarmi per dargli una mano almeno facendo conoscere sto progetto. Carmelo Chiaramonte ed io ce ne andiamo l’indomani mattina dopo aver aver goduto di una ricca e gustosa colazione contadina, preparata da Mariangela con la sua squisita gentilezza oltre che con grazia raffinata. Nell’aia, bagnata dalla pioggia del giorno prima, razzolano oche, galli, chiocce e pulcini, nonostante cani e gatti, mentre le bestie da latte dei Verardo girano libere al pascolo dietro la stalla…. In 12 ore sono riuscito a respirare una buona boccata d’aria…, diversa, più ricca di ossigeno. Ho fornicato con la storia alimentare, con i manuali agricoli, con l’economia umana, con le culture dei campi e degli allevamenti…, con i metodi contadini di una volta! Ho conosciuto persone straordinarie, vere! Ho assistito ad una bella lezione di umanità, di dignità e di forza. Che storia! Grazie Carmelo! Grazie Lino, Mariangela e Luca! Ci rivedremo presto…, promesso!

martedì 2 maggio 2017

Spreco

Mi ha sempre colpito il fenomeno dello spreco. Per la sua entità, per la sua complessità, per la sua assurdità..., (Sigh!). Spesso letteralmente, si butta via. Spesso, consapevoli o no, si lasciano inutilizzate risorse già esistenti, mentre la formazione di nuove risorse è trascurata... Negli ultimi anni il fenomeno dello spreco ha raggiunto proporzioni colossali, specie nell’ambito del consumo, dove si registra un 54% di alimenti che vanno sistematicamente perduti, per un costo complessivo che ammonta a circa 12,5 miliardi di euro, (Sigh!). Un tempo non era così! Oggi, nel mondo, ogni anno, muoiono 36 milioni di persone per carenza di cibo e 29 milioni per il suo eccesso. In Italia da circa un anno c’è una Legge, la 166/16, che ha come obiettivo quello di ridurre gli sprechi, redistribuendo le risorse così ottenute tra le fasce della popolazione più bisognose... Nonostante questo, lo spreco persiste... (Sigh!). Nonostante, da noi, imperversino anche paradossalmente le diete del no, le diete del senza...,  senza glutine, senza lattosio, senza zuccheri, senza grassi, senza... Togliamo, per mangiare..., anzi, pardon, per non mangiare! Alla fine sprechiamo di più e spendiamo pure di più, riempendo i carrelli fino all’orlo di cibi modificati e privati di qualche cosa... In cambio, gli obesi sono il doppio degli affamati... Mahh!... Sono i paradossi del mondo del cibo, (Sigh!). In Italia, fatichiamo ancora a smuovere le cattive abitudini che ci portano a sprecare cibo. Sono sincero, a me chi spreca, soprattutto il cibo, mi fa girare i maroni…! Continuiamo a sprecare e a buttare cibo nella pattumiera. Ma lo spreco non è solo una questione domestica. Esiste un problema strutturale di sovrapproduzione alimentare che in molti casi conduce all’eliminazione di cibi perfettamente commestibili prima ancora del loro accesso ai canali di distribuzione. E' una responsabilità delle leggi di mercato..., (Sigh!). Rappresentata dalla concorrenza di prodotti provenienti dai mercati esteri  e venduti a prezzi inferiori a quelli considerati remunerativi… Pensate alle arance o ai pomodori…, distrutti o lasciate marcire nei campi…(Sigh!). Poi però se andiamo ad ordinare al bar una spremuta di arance, quando va bene, ce la fanno pagare 3 euro e 50! Il fatto è che si è passati dal niente al troppo…, di tutto!  E il troppo non lo si usa mai bene… Colpa anche dei tempi della modernizzazione che ci hanno portati a realizzare forme moderne, ma scomposte..., senza senso. Si esagerava col cibo..., si esagerava col cemento… Fateci caso..., oggi si toglie al cibo, come si toglie anche al cemento, (Sigh!). E così crollano i ponti!