Mi è difficile sottrarmi alla suggestione antropologica
della vita contadina. Ancor più quando a sensibilizzarmi sul tema è un caro
amico come Carmelo Chiaramonte, chef colto ed eclettico, siciliano di Modica,
che giovedì sera mi ha fatto percorrere un’altra formidabile tappa di queste
mie piacevoli esplorazioni. Nei giorni precedenti in cui ci siamo sentiti per
fissare l’appuntamento di lavoro, che avremmo consumato a Bergamo da Pentole
Agnelli, Carmelo mi aveva avvisato: “dopo ti porto in un posto originale, per
incontrare persone speciali, amici miei”. Meta San Ponzo Semola, quattro case e
una chiesa nel cuore dell’Appennino Pavese, difficile da scovare tra le
classiche mappe geografiche. Per me, fino a giovedì scorso, la
zona del Pavese era sempre stata una terra piatta, noiosa, invasa da acque e
dedita alla produzione di riso e poco altro, (Sigh!). Invece…! L’altro pomeriggio, percorrendo i posti che da Pavia tagliano verso Varzi e poi verso la meta, i luoghi incontrati mi hanno sorpreso per la loro ricchezza di colline coltivate di ogni
cosa che si arrampicano anche alte verso il cielo. Strada facendo sono stato
adescato e attratto da più ariosi e meno calpestati paesaggi dove il turista
gastronomico di oggi, credo come me fino all’altro giorno, non mette di solito
piede... Arrivati a destinazione, nel cortile di una strana cascina, che poi ho scoperto essere
stata un tempo una suggestiva caserma di Lanzichenecchi, (soldati mercenari di
fanteria arruolati da Legioni tedesche del Sacro Romano Impero che combatterono
tra il XV° e il XVI° secolo), ci accolgono Lino Verardo con la moglie
Mariangela e il giovanissimo figlio Luca, con fare e sentimento d’altri tempi! Mi
rendo subito conto di trovarmi in un luogo quasi fiabesco…, felice! Appena
dentro casa mi sento in un mondo che già conosco, ma ancora più vero e remoto.
Un mondo ormai scomparso. Nella umile, ma ben sicura cucina col camino d’epoca,
la tavola è già imbandita in attesa di cibi veri da consumare per spegnere le
fatiche contadine. Un poster di Che Guevara e alcune foto di Fidel Castro, appesi qua e là, testimoniano le simpatie politiche del padrone di casa…, come anche il libro sul
“Sessantotto genovese”, appoggiato sulla credenza, lascia intendere che una volta sbrigate le
cose di campagna, in questa casa, qualcuno ama darsi alla lettura impegnativa… Dopo
aver preso confidenza ci siamo seduti alla tavola dei Verardo, allestita come una
specie di altare sul quale cibi veri occupavano il maggior spazio... Salame
contadino, fave fresche di Leonforte portate dall’amico Carmelo, un piatto
enorme colmo di tranci di una specie di torta pasqualina, formaggi misti capra-vacca- pecora, vino, bianco e rosso
locale, e pane scuro fatto in casa... Un pane che sormonta tutti i sapori che
contengono le cose gustose e mi riempie subito l’anima di una gioia
inesplicabile... Rimango rapito dalla bontà di sti prodotti, ma soprattutto
dalla conoscenza di questa famiglia... Tra un muggito e l’altro di vitellini e
mucche, separati, che si chiamano a vicenda nella stalla vicina, ascolto
estasiato la loro storia e quella personale di Lino Verardo, 62enne dalla barba
lunga e un bosco di capelli sale e pepe disordinati, che me la racconta. “Lino il genovese”, per quelli di qui, mi
racconta che da giovane partiva da Genova alle cinque di mattina per
raggiungere Voghera dove si è diplomato perito agrario. Poi un periodo di
lavoro a Reggio Emilia e l’ approdo in questa fattoria sperduta per amore e
passione verso alcune razze di bovini autoctoni che stavano scomparendo: la
Montanina e la Cabellotta o rossa di Varzi! Mucche che producono al massimo 30
quintali di latte all’anno, ma molto digeribile…. Mentre mangio ste
squisitezze, mi appassiono sempre di più alla passione di Lino. Di questo
grande contadino, indisciplinato, fantasioso, ribelle, originale…, maestro di
un mestiere diverso da quello che i più conoscono. Uomo competente, di grande
capacità contadina. Forse uno dei pochi del nostro Paese rimasti liberi, Lino ha un’altra qualità che diventa preziosa se si accompagna all’intelligenza e alla bontà d’animo: è allegro! I suoi prodotti superano qualsiasi tipo di denominazione., biologico, ecosostenibile, biodinamico, naturale, per rimanere unicamente unici, “fatti come si deve”. Produzioni che non hanno mai risposto a corteggiamenti e proposte pseudo istituzionalpopolari, come nemmeno ai presidi o simili… Oltre le mucche, la famiglia Verardo, nella sua fattoria, alleva
anche capre, pecore, maiali, e asini, di razze poco conosciute. Le bestie qui crescono
al pascolo e si nutrono solo con foraggio prodotto dalle terre coltivate dai
Verardo che garantiscono il latte con cui loro producono ottimi formaggi e
vendono in un piccolo spazio della casa adibito a negozio o quando abbonda anche a qualche fedele gruppo d'acquisto. Il resto serve a sfamare la famiglia…. Di colpo, nel
colloquio generale, sono tornato ad essere quello che vuole assolutamente
sapere di storie e tradizioni andate. E così domando di sti effetti
meravigliosi… Scoprendo questo incredibile personaggio, capace di adattarsi
assieme alla sua famiglia alle situazioni più difficili, senza l’ingombrante meccanizzazione
moderna, in accordo con la natura e conservando intatti i suoi principi. Lino
mi racconta con generosità e commozione, che da poco ha fondato
un’associazione, “Terre della Montanina”, per far conoscere le razze bovine
della zona e acquistare uno storico mulino ad acqua per tritare le granaglie antiche
reimpiantate nei campi di una ventina di vicini contadini, complici… Un progetto
che vuole trasformare i grani antichi della terra in preziosi beni commestibili….
L’ interesse al Mulino è genuino. “Ci vogliono 200.000,00 euro…, li vorremmo
raccogliere con il sistema Crowdfunding”, mi dice Lino con la sua umanità. Il
fine è nobile, come la neo Associazione..., come pure la tenacia e la fierezza di
propositi che sono la caratteristica più spiccate di quelli aperti di mente. Per questo gli prometto di impegnarmi per dargli una mano almeno facendo conoscere sto progetto. Carmelo Chiaramonte ed io ce ne andiamo l’indomani mattina dopo aver aver goduto di una ricca e gustosa colazione contadina, preparata da
Mariangela con la sua squisita gentilezza oltre che con grazia raffinata.
Nell’aia, bagnata dalla pioggia del giorno prima, razzolano oche, galli, chiocce
e pulcini, nonostante cani e gatti, mentre le bestie da latte dei Verardo girano libere al
pascolo dietro la stalla…. In 12 ore sono riuscito a respirare una buona
boccata d’aria…, diversa, più ricca di ossigeno. Ho fornicato con la storia
alimentare, con i manuali agricoli, con l’economia umana, con le culture dei
campi e degli allevamenti…, con i metodi contadini di una volta! Ho conosciuto persone straordinarie, vere! Ho
assistito ad una bella lezione di umanità, di dignità e di forza. Che storia!
Grazie Carmelo! Grazie Lino, Mariangela e Luca! Ci rivedremo presto…, promesso!
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