Giovedì 26 maggio, “il caso”, su La Stampa: piedino
in prima pagina con rimando ad una mezza interna. Mi incuriosisce. Da quasi 25
anni conosco, il caso. Il titolo è: “Basta Smartphone. Al ristorante resta
sotto chiave”. Ma checc...! La Stampa è clamorosamente
in ritardo sul tema a firma Federico Callegaro! Leggo tutto d'un fiato sperando di leggere prima o poi quel che so già. E invece
no! L’articolo elogia un locale torinese, un’hamburgheria affiliata a Eataly,
con tanto di intervista e foto del suo gestore per la genialata avuta. Quale? Forse quella che se qualcuno in questo locale rinuncia di sedersi con
lo Smartphone alla fine guadagna una scatola di biscotti, come dicevano il
sottotitolo e le poche righe interne all’articolo? No. Il giornalista è stato
proprio abbagliato dall’originalità in titolo, approfondita nel pezzo: gli Smartphone al ristorante chiusi sottochiave in
cassetta. Ma checc…!, ma checcaso è?....Sigh! Lo sanno tutti che Italo Pedroni, dell’Osteria di
Rubbiara a Nonantola (MO), da quando esistono i cellulari, o Smartphone, come
li chiamano quelli più avanti di me, è stato il primo a censurarli al suo
convivio se non prima di averli chiusi a chiave in un’apposita cassettiera
posizionata all’ingresso! L’Osteria di Rubbiara è famosa per questo, anche! Sta
cosa dei cellulari sottochiave è una costola colorita del locale di Nonantola descritta ed evidenziata sulle guide dei ristoranti d'Italia. Su tutte, Osterie d'Italia di Slow food Editore che la medaglia con la chiocciola da una vita. Mi ricordo quando ci capitai la prima volta all'Osteria di Rubbiara: era inizio anni '90,
l’epoca del Motorola 8800x Etacs, quello chiamato mattone per la sua forma. Mi fermai lì un giorno in cui
transitavo dalle parti di Modena seguendo i numerosi inviti ricevuti fino allora dai miei ex colleghi
Arcigolosi braidesi: “Quandi c’at pasi d’ausin a Modena, fa’n’saut a
Nonantola, lì d’ausin: và a mangè da Pedroni, all’Osteria di Rubbiara…., alè
‘n’po’ selvai chiel, ma se sta bin”. Boh!? Spero di averlo scritto giusto. Se
no, in italiano è: “Quando passi vicino a Modena, fai un salto a Nonantola, lì
vicino: vai a mangiare da Pedroni, all’Osteria di Rubbiara….. lui è un po’ un
selvaggio, ma si sta bene”. All'ingresso del locale di Pedroni
mi colpirono subito i tanti, anche esagerati, cartelli, appesi ovunque,
inneggianti quel che si poteva fare, e non, lì. Fra tutti, qualcuno in dialetto
colorito della campagna modenese, tanti che minacciavano l’ingresso ai
cellulari o qualsiasi altro dispositivo elettronico: radioline, televisori mignon, giochini elettronici,.. Mi ricordo anche l’accoglienza un po'
“selvaia” di Italo Pedroni, curioso personaggio, oste teatrante, appena ebbi varcata
la soglia: “Uehh tu!, non è che c’hai il cellulare in tasca, eeehh? Se si,
fallo saltar fuori subito e mettilo in una di quelle cassette, se no ti
perquisisco. Non si può mica entrare qui col cellulare, eeehh…!”. Mollai all'istante il mio "mattone" in una delle 12 cassette (sigh!, lo stesso numero di cassette dell'hamburgheria torinese…), e pensai alla trovata! Roba da farci su una rassegna stampa spessa come
un’enciclopedia intera. E mica solo italiana! Ma checcaso è allora?. Ma checcaso di made in Eataly è?Da tempo il mondo è pieno di signori e gentlemen Pedroni. Ce ne sono una marea in ogniddove. Chiudono i cellulari
sottochiave, in cassette, per mettere in condizione i propri ospiti di godersi il convivio. Per farli connettere fra loro e anche per non farli sentire in un call center invece che al ristorante. L'assortimento di cose da cui prendere spunto per
farli diventare “il caso” o per sviluppare strategie di “pop marketing”, però, all'Osteria di Rubbiara, è molto
ricco e vivace. Per esempio una volta accomodati al suo desco vengono serviti
prima di tutto gli uomini. Gli unici che possono anche ordinare. Le donne
vengono dopo, forse, e solo quando l' Oste decide. Sempre lì, prima che
ordiniate un altro piatto dovete aver spazzolato quello precedentemente preso.
Della ruvida accoglienza di Italo Pedroni ho già detto prima, ma bisogna
andarci per non perdersi i migliori anatemi del suo celebre repertorio d’Oste
della campagna modenese. Vi dico solo più che anche il fondamentalismo
gastronomico di Pedroni è senza confini: se desiderate qualcosa di diverso da
quello che recita il menu del giorno, l’Oste vi manda a “cercarvelo” da
un’altra parte. Senza mezzi termini. Ma è meglio rimanere lì credetemi: “a’se
sta propri bin da chiel…, anche se chiel alè ‘n’po’ selvai”.
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