Guardavo quella piccola vigna li sotto casa, che adesso non
c’è più, e provavo gioia, ma anche malinconia. Gioia perché per me la vigna è
vita e il suo frutto è incredibilmente affascinante per come sia affina, per
come costruisce il suo carattere e perché chiede cura e pazienza per maturare….
Malinconia perché non riuscivo ad accudire sta vigna per come volevo e perché
sapevo che un giorno sarebbe stata rimossa quando, e come, chi l’aveva
governata fino adesso avrebbe voluto. Nel grande codice della nostra cultura,
la Bibbia, si narra il mito di Noè che per primo piantò e coltivò una vigna.
Come un gesto di speranza: il primo contratto di un matrimonio con la terra. E
quel contratto con questa, (seppur mia), vigna, purtroppo non l’avevo fatto io.
Staccarsi dalle proprie cose, anche quelle materiali, non è facile, lo so molto bene. E poi esiste un
rapporto viscerale fra la terra e le persone, ancor più quando questa terra è
capace di dare buoni frutti che le stesse persone hanno allevato e colto. La
vigna la si lavora instancabilmente, dedicandosi totalmente tutto l’anno, con
quel lavoro certosino che va dalla potatura invernale fino alla raccolta autunnale.
Con cause ed imprevisti come può essere il bello e il cattivo tempo, che non
dipendono da noi. Curare la vigna è come
curare la propria vita. Attraverso potature e anche pianti, in attesa della
stagione della maturità…Ma è anche curare e far crescere un qualcosa che si
sente proprio, che non si vuole condividere, di cui ci si sente non solo innamorati,
ma anche padroni gelosi. Nella cura e crescita di una vigna ci sta tutto quel
che è la vita: l’amore, il lavoro, il tempo, la natura, il frutto, il vino, la
gioia, il pianto…Quella vigna sotto casa che guardavo con gioia e malinconia
adesso non c’è più: non so se sarò capace di ripiantarla, ma se avrò la forza e
il coraggio per farlo, vorrei che qualcuno, un giorno, se ne prendesse cura. Oltre me.
...bella l'immagine simbolica della vigna ...grazie per questo spunto di riflessione ;)
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