Confesso che sento così forte il richiamo della Sicilia,
delle mie irrinunciabili origini, che ogni volta che ne sento le sue vibrazioni
mi faccio beatamente trascinare. Giovedì scorso, l’occasione per godere di questo
principio era troppo ghiotta per rinunciare. Due amici cuochi siculi di vecchia data, Carmelo
Chiaramonte e Giuseppe Pappalardo, si trovavano insieme, a Milano, nello stesso
posto, impegnati in due differenti iniziative per rappresentare in forme
diverse, la gastronomia della mia Terra. Tutti e due ospiti di MGM - un’azienda
modello con sede in un particolare immobile che all’ombra della Madonnina custodisce
la memoria edilizia di una ex fabbrica cittadina di inizio ‘900 - che distribuisce
prodotti agroalimentari selezionati con certosina attenzione dal suo patron
Maurizio Vaglia. Così giovedì, senza pensarci troppo, ho colto al volo il loro eccezionale invito e mi sono catapultato lì per godermi il programma. Carmelo e Giuseppe, seppur con le origini e la grammatica della cucina come segni
particolari della loro carta d’identità, sono due ambasciatori della cucina completamente
diversi. Carmelo Chiaramonte, personaggio
poliedrico e multiforme, è un irrefrenabile cuoco vagabondo fornito di
un’incredibile grazia acrobatica nel suo fascino verbale. Giuseppe Pappalardo è invece un cuoco tutto d'un pezzo, preciso. Consulente di aziende del settore, capace di interpretare con
estro e professionalità l’attuale sistema della cucina e, di riflesso, i profondi
mutamenti che stanno avvenendo nella stessa. In comune, i due, hanno la capacità di
rendere naturale il soprannaturale. Come sanno fare solo i grandi! Giuseppe Pappalardo nel pomeriggio, capace di oltrepassare la soglia che separa Gastronomia ed alchimia, ha dimostrato con sapienza ed armonia il valore dell’artigianalità agroalimentare di alcuni suoi prodotti a marchio “Tanto
Quanto Basta della Sicilia”. Conquistando, oltre che il sottoscritto, un bel po' di professionisti del settore che riempivano l'attrezzatissima sala show cooking di MGM. Con il racconto, la dimostrazione, la cultura, la bontà, di
ciascuno dei prodotti che Giuseppe scova in giro per l’Isola. Oltre che con la sublimazione
delle sue preparazioni culinarie! La sera invece, Carmelo Chiaramonte, a cui per innata
congenialità e tradizione etnico culturale da un po' di tempo il palcoscenico gli è affine, ha
riconfermato il suo carattere soprattutto di uomo dal forte sapore siciliano,
audace, dotto ed estroso, fino all’eccentricità. Con la sua performance
teatrale-culinaria dal titolo “La Cucina dell’Amore”, uno spettacolo monologo
conversazione, dal sapore piccante, sul tema Cucina, Amore, Tenerezza e Sesso ideato da lui. Perché
come dice Carmelo, c’è una corrispondenza speculare tra loro…E uno non può escludere l’altro. Sulla linea della grande tradizione
eccentrica e non conformista siciliana, Carmelo in due ore, in una bella sala dell’MGM
adattata per l’occasione a Teatro e gremita fino all’orlo, è riuscito a
confezionare un’opera di pungente vitalità, di autorevole personale fattura. Partendo dal consiglio
alla lettura! Elencando la ricca e lunga bibliografia da cui lui ha preso
spunto per dare origine alla sua brillante esibizione... Fra tutti,“La Cucina
dell’Amore” di Romeo Prampolini, intellettuale bon vivant catanese scomparso
una quarantina di anni fa, che ha scritto il “saggio” culinario afrodisiaco
scelto da Carmelo per il titolo della sua opera. In ogni passo della prova di
Carmelo, giovedì scorso, si sono succediti miti antichi e riti del presente
della cucina dei sensi. Tra ricettacoli di virilità, piatti per primi incontri
e materie prime che diventano materia gastronomica sessuale di primaria
importanza. Piatti e ricette immorali associati ai sensi, anche immaginati,
raccontati. Un antologia di classe, non anonima né impersonale, dove
l’implacabile erudizione culinaria dell’autore, combinata a recuperi
folklorici, insaporiti dallo spirito arguto e scanzonato del Cuoco Siciliano
Vagabondo, è diventata commedia. Descrizioni di campagne incantevoli, di nature
superbe, di vedute piccanti, di pensieri goduriosi, di piatti maestosi... Di
prodotti ambigui a cui si devono più orticarie che coiti, di rapporti
primordiali peccaminosi... Di scenari di amanti sotto e sopra le lenzuola! Che
Carmelo ha saputo trescare con sapienza per il suo fine. Tanto che le parodie dell’atto sessuale e lo sproloquio grazianesco collegato al godimento, sia
maschile che femminile, sono stati interpretati saggiamente, con disinvoltura,
senza mezza voce da questo Cuoco buongustaio dall’aria contadina sicula.
Carmelo, colloquiando familiarmente colla sala, ha saputo descrivere, con
coscienzioso sforzo, la simbologia gastronomica della riproduzione umana nel
Mediterraneo. Le specialità vaginoformi, i prodotti fallici, da forno o da
frutta che siano, i formaggi e le preparazioni culinarie a forma di “tette” consolatrici…Che, soprattutto nel
nostro Sud, richiamano tradizionali credo di fertilità, abbondanza, buon
auspicio, virilità…! Riducendo a preziosi artifici teatrali la
preparazione delle ricette, gli odori intimi, dell’uomo e della donna, come
magici rituali dai mille messaggi. Forme, gusti, sapori, odori, descritti con chiazze
di dialetto siciliano furbesco, in un incrociarsi di tecniche e tradizione espressive in
cui ci sta tutto il meridione: il proverbio, l’indovinello, la farsa, la
commedia, la favola, i ricordi, i consigli, gli ammaestramenti. Abolendo i
repertori culinari moderni che di sti tempi dominano incontrastati in ogni
dove, nati all’insegna del tecnicismo esasperato, della precisione,
dell’essenzialità, della compostezza. Che spengono il diletto dell’arte del
cucinare e respingono i rapporti confidenziali, prima e dopo la consumazione,
sia a casa che al ristorante. Carmelo Chiaramonte in “La Cucina dell’Amore”, ha
saputo mettere in scena, con innegabile originalità, l’erotismo a tavola,
soprattutto i sensi dell’amore, attraverso una copiosa e colta aneddotica,
storica e letteraria, dall’approccio squisitamente libertino... Che Spettacolo!
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