Martellato dall’attuale invadente pubblicità, lo
scrigno della mia memoria in sto periodo si apre tirando fuori i miei Sanremo.
Erano i mitici fine anni '60! Quando le canzoni del Festival erano la colonna sonora della gioia di vivere che si riproducevano in
ogni luogo grazie al juke-box che a colpi di 50 lire diffondeva le canzoni più in voga. A quel tempo Sanremo era una magnifica
cassa di risonanza che ci alfabetizzava via etere quando la televisione rappresentava
una conquista, con mezza Italia che la comprava con le cambiali, (Sigh!). E io
Sanremo lo vivevo, di riflesso, come l'evento di inizio anno più atteso, più discusso, in
famiglia, nel palazzo, al Bar dei “Geggi” di via Risorgimento... Era un bel
momento! Sanremo per me ha soprattutto il sapore di mia madre. Ma anche dei gesti, degli
accenti, dei toni, dei dialetti. Mi ricordo dei Sanremo in bianco e nero dove a casa mia lo
venivano a vedere un bordello di gente tra vicini, amici, parenti,
conoscenti..., (Sigh!). L’appartamento al secondo piano di Via Goito 13, di
sera, per tre giorni alla fine di gennaio, svuotato dei fratelli grandi,
tuonava folla di umanità variegata del sud. Di un sud genuino, pittoresco,
incontaminato. In pochi metri quadri a casa mia succedeva di tutto, prima e
dopo Sanremo. Il tavolo della cucina era sommerso di roba da mangiare per
sfamare un reggimento. Tra quello preparato da mia madre e le cibarie di chi le
portava. Decantate tutte come “nostrane”..., nel senso di naturali, fatte con cura
da mani sapienti: timballi gattopardeschi, purpette au succu, cardi fritti,
zucche in agrodolce,… Tra i dolci, mi ricordo che in occasione di Sanremo, finivamo il torrone duro come una pietra, a forma di cuore ricoperto di
cioccolato fondente, che arrivava puntualmente per Natale in dosi massicce da
qualche parente di Piazza Armerina …, (Sigh!). E poi gli Sfinci,
"piccoli" bocconi morbidi dalla forma rotonda irregolare, di pasta
lievitata, fritti in olio bollente e ricoperti da una pioggia di zucchero... Per spizzugliare durante, invece, come se non bastasse, c’era la frutta
secca: “calia”, “semenza”, mandorle, arachidi, noccioline tostate,
pistacchi, semi di girasole... Tutt’attorno al tavolo della cucina, sedie
in doppia e tripla fila, pure di spalle alla televisione…, perfino nel corridoio...
Ancora adesso non mi spiego come faceva a starci tutta quella gente in così
pochi metri. Casa mia, di più la sera della finale sanremese, diventava
un’isola felice di passioni, del folklorismo meridionale puro, estetizzante.
Mia madre si faceva in quattro per organizzare la casa. Tutto nel pomeriggio,
dopo aver cucinato un giorno intero.., per assistere, mangiare, spizzugliare,
dialogare, giocare, assieme. Casa mia con Sanremo diventava il luogo quasi
essenziale..., che creava legami, aspettative, ricordi, nostalgie. Tutti in
cerca di appaesamento, per esorcizzare lo smarrimento, il timore di perdersi,
in un posto nebbioso a oltre mille chilometri a nord dalle proprie origini.
Quelle mitiche sere di Sanremo avevano il carattere per ogni età.., regnava
l’allegria, l’ingordigia, la risata e anche il pianto. Per noi picciriddi era
una festa, una cosa speciale…, perché per noi a quell’epoca i programmi
finivano sempre dopo Carosello, la nostra linea di demarcazione tra lo stare in
piedi e andare a nanna. Quando, sul palco del Salone delle Feste del Casinò di
Sanremo, spuntavano i cantanti a casa mia ci scatenavamo...Non perdevamo una
nota, un acuto..., e il bordello che regnava prima, in quel momento, si
trasformava in silenzio religioso. Che diventava ancora più intenso, oltre che
profonda delusione, quando la televisione, magari per una bizza di qualche
valvola o dell’antenna che non prendeva bene, cominciava a fare delle
fastidiose righe bianche sullo schermo… Per un paio di minuti il panico ci
assaliva in un silenzio assordante, angosciante…(Sigh)! Con gli sguardi interrogativi dei presenti delusi concentrati su mia madre che con un gesto rassicurava, sperando in cuor suo
che lì per lì non saltasse qualche valvola… Scampato il pericolo,
ricominciava Sanremo e l'allegro bordello. A mezzanotte la Tv di stato cessava
la trasmissione sulle note dell'ouverture del Guglielmo Tell di Gioacchino
Rossini, mentre a casa mia si continuava coi bagordi e coi commenti sui
vincitori e vinti... Sanremo era Sanremo!
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