martedì 13 dicembre 2016

Le ossa non le vogliono manco i cani

Il mio passato è stato segnato dalla scarsezza, dall’ansia, dal terrore della fame... E da una grande devozione per il consumo della carne (Sigh!). Propria di una particolare storia ed esperienza di privazione famigliare che, oltre a mitizzarne il suo valore nutritivo, la rendeva prodiga di un benigno compatimento alimentare per allontanare il vertice della piramide dei miserabili… (Sigh!). La mia famiglia, a quei tempi, mangiava la carne, quando andava bene, una volta la settimana, sempre al prezzo di rinunce dolorose...! Nel mondo in cui sono nato e cresciuto, quindi, mi hanno insegnato che la carne è qualcosa di speciale, un bisogno necessario…(Sigh!). Ma anche un prezioso alimento del benessere, dell’abbondanza… Cibo di pochi eletti…, misuratore, ma anche distanziatore alimentare, sociale (Sigh!)! La carne insomma per me, nel passato, ha rappresentato il gioco rituale delle preferenze e delle esclusioni, dei divieti e delle prescrizioni, degli eccessi e delle astinenze. Vivevo la carne, da una parte, come un cibo lusinghiero, un lusso del mangiare bene…, dall’altra, come premura, attenzione, devozione! Ma, anche, come elemento di distinzione, di separazione, di conflitto… Per esempio quando da bambino mi ammalavo e mia madre per risollevarmi mi faceva mangiare la carne, (Sigh!), avevo sempre i sensi di colpa nei confronti del resto della mia famiglia che per me se ne privava! Dall’età adolescenziale, poi, porgo attenzione anche all'intima massima famigliare che recita “le ossa non le vogliono manco i cani”…, ma questa è un’altra storia (Sigh!). Da quando sono diventato virtuoso della carne, quella che si mangia, per scelta e non per necessità, pur preservando l’indice di fedeltà culturale ai valori espressi sopra, il mio rapporto con la carne è cambiato. A tal punto che la carne, nel mio inconscio considerato soprattutto il “mito” alimentare del sistema sociale, la esorcizzo in maniera ludico-culturale alla Fiera del Bue Grasso di Carrù. Rispettoso del principio, anche, per cui il Bollito è considerato da sempre uno degli alimenti dell’uomo fra i più nutrienti, tra i più succulenti, tra i più pregiati…(Sigh!). Non so da quanti anni rinnovo le mie vibrazioni gastronomiche del Bue Grasso di Carrù, con il piacevole sapore di sempre e in linea con la coscienza gastronomica famigliare...(Sigh!). So per certo, però, almeno da più di 25 anni. Da quel tempo infatti, il secondo giovedì prima di Natale, quello del Bue Grasso, è la prima data che fisso con un colpo di evidenziatore a tutta pagina sulla nuova Agenda dell’anno. Al Bue Grasso, non manco mai! Ci vado sempre la mattina prestissimo. Arrivo al Foro Boario di Carrù quando il termometro segna ancora i sottozero, fendendo il più delle volte la nebbia langarola. Accompagnando, orgoglioso, di volta in volta, amici vicini e lontani, nel mio itinerario virtuoso del Bue Grasso. Assistendo, con sapienza, all’arrivo dei camion carichi di bestie, alla pesatura, alle prime trattative commerciali…! Grazie a veterinari, allevatori e macellai, che, nel tempo, mi hanno insegnato a riconoscere le varie categorie, e la qualità delle bestie in concorso, dei buoi grassi nostrani, dei migliorati, dei manzi, dei vitelli, dei torelli della coscia, delle manze grasse, dei tori…! Scruto la giuria di esperti che valutano i capi toccandoli, squadrandoli da testa a piedi, soffermandosi sui culoni di sti animali che commentano comparandoli a certi modelli dei dietro di donne vicine e lontane…! Non mi perdo mai nemmeno la cerimonia di premiazione all’interno dell’”arena”, con la consegna delle gualdrappe, delle medaglie, delle coppe e delle targhe…Come neppure non rinuncio al mio rituale giro... Col primo brodo caldo corretto al Dolcetto, colla stratosferica colazione a base di vin brulè e salumi locali, col giro della piazza che ospita l’esposizione dei mezzi e degli attrezzi agricoli, col lungo aperitivo, rendez-vous da Chiapella, reso unico anche dallo spettacolo musico-teatrale dei Trelilu...! Una volta, ma purtroppo non si fa più da almeno una quindicina d’anni (Sigh!), partecipavo pure alla sfilata dei capi vincitori... Seguendo in marcia lenta, ordinata, le bestie con indosso i trofei, la gualdrappa, le fasce dipinte a mano, le musarole d’oro…(Sigh!). Al ritmo cadenzato dalla corposa Banda Musicale del paese che accompagnava la suggestiva cerimonia… Con gli allevatori che, mostrando orgogliosi le loro bestie, le coppe, le coccarde, e i diplomi, vinti, sorridevano felici soprattutto per aver già venduto, (molto bene), i propri capi a pregiate macellerie nazionali ed internazionali…(Sigh!). Alla fine di tutto, con la corposa compagnia del giorno, si va sempre in qualche ristorante della zona per mangiare il Bollito Misto… 7 tagli di polpa, 7 ammennicoli, 7 salse…, servito insieme a fiumi di vino di Langa. Mentre c’è gente, tutta imbacuccata, che fin dalla prima mattina sfida code interminabili di fila indiana, aspettando il proprio turno per mangiare le quintalate e quintalate di Bollito Misto che preparano nei ristoranti di Carrù o nella gigantesca tensostruttura “Bollito Non Stop”, montata per l’occasione sulla piazza intitolata al Bue…(Sigh). L’edizione 2016, la 106esima del Bue Grasso di Carrù appena conclusa, invece è stata anticipata a giovedì 8 dicembre per farla coincidere con la Festa dell’Immacolata (Sigh!). Presa d’assalto da un delirio di visitatori…, da una paurosa invasione di persone curiose, soprattutto intente a pasturare lungo il serpentone di bancarelle del mercato sparso per tutta Carrù… Sembrava un altro universo sto Bue Grasso…! Pieno zeppo anche di giovani, nostalgici del passato che non verrà più, travestiti con i mitici tabarri, infiocchettati da barbe incolte e baffoni d’altri tempi a punte rigirate, con in testa stravaganti cappelli vintage e in mano il “Tucau”, il famoso bastone che usano gli allevatori per guidare le bestie, diventato ormai segno distintivo e gadget imperdibile della Kermesse (Sigh!)! Anche i Buoi erano più immensi del solito a sto Bue Grasso… Il campione, Attila, pesava 1453 chili! Impossibile non evidenziarlo…, per me che, cresciuto col retaggio culturale della penuria calorica ed economica.., pensando a tutta sta pregiata carne, la immagino già nel piatto a sfamare chissà quante famiglie...(Sigh!).


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