morsi di gusto
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domenica 14 giugno 2020
Tanti abbracci
Fra le più perfide e demoniache rinunce messe in circolo con raffinata malizia dal maledetto Coronavirus, spicca l’impossibilità di abbracciarsi. Questo dannato e subdolo infettante che stiamo vivendo, con conseguente sospensione e ribaltamento della nostra quotidianità, ci ha proibito della più clamorosa ed esplicita testimonianza materiale di affetto. Ci ha disarmato del più bel gesto antico, di una delle più spontanee espressioni umane per dimostrare tenerezza, amore, gioia. Non esistono donatori e riceventi in questo gesto gratuito. I giornali di ieri raccontano di un storia successa a Reggio Emilia: una mamma disagiata, dopo mesi di quarantena, al primo incontro protetto col figlio, esplode in baci e abbracci; l’educatrice che assiste per i servizi sociali chiama l’Arma che rifila alla povera mamma 400 euro di multa. Venti giorni prima la stessa multa se l’è beccata un ventenne di Pavia colpevole d’aver abbracciato la sua fidanzata per strada….. Fisime igieniste da Covid! Ma come si fa a limitare “l’ormone dell’attaccamento” che abita tutta la storia umana? Il primissimo contratto tra mamma e neonato! Quello che influenza e celebra i legami interpersonali, tra famigliari, tra amanti, tra amici…. La mia cara amica Paola, che colleziona immagini di abbracci, ogni volta che gliene mando qualcuna speciale che scovo da qualche parte, mi dice che l’abbraccio è il suo potere “curativo”. Abbiamo bisogno di sano realismo, di abbracci veri che ci fanno sentire al sicuro, protetti, amati e non dell’emoji dell’abbraccio di Facebook, anche se ringrazio il social network per avercelo donato. L’abbraccio fisico, la cui dimostrazione d’affetto è intraducibile nel mio italiano, è necessario per il benessere psicologico, emotivo e corporeo, ancor più in questo scorrere spietato del tempo. Allena i figli alla vita, apre i nostri cuori, aumenta il buonumore e la grazia delle persone e, più in generale, offre speranze alla società. Tanti abbracci!
domenica 31 maggio 2020
Lecca-lecca
Ognuno di noi possiede una vena immatura e giocosa nascosta nelle sfumature dell’inconscio, che ogni tanto sarebbe giusto liberarla e condividerla senza chiedere il permesso agli specialisti dell’anima e tantomeno a quelli del gusto. Una notizia uscita in settimana mi ha lasciato interdetto mentre la leggevo. Titolo: “Il lecca-lecca elettronico che ricrea qualsiasi sapore senza usare il cibo”. Sottotitolo: “Un ricercatore della Meiji University in Giappone ha inventato un particolarissimo dispositivo definito come un “taste display”, cioè con la capacità di ricreare artificialmente qualsiasi sapore andando a fare leva sui cinque gusti di base che sono riconosciuti dai recettori presenti sulla lingua”. Il lecca-lecca elettronico? Le molecole affettuose dei miei lecca-lecca, ripescate nell’archivio della memoria mi sono subito entrate in circolo, protestando contro chi stava deviando la risonanza emotiva della storia più edulcorata del mondo. Le mie immagini sono nitide come anche le sensazioni. l lecca-lecca ai miei tempi mi rilassavano gli sfinteri dell’anima oltre che sconvolgermi i punti cardinali delle dolcezze sicure! Talismani colorati, tondi, appiccicosi, dolcissimi, rossanosi, infilati su uno stecchino, che mi succhiavo con gesto voluttuoso e primitivo per godermi fino alla fine tutto il loro gusto magico. Ah, quante scene-chiave della mia vita sono legate ai lecca-lecca! I miei me li somministravano mettendomi in guardia dai malintenzionati: “non accettare mai caramelle dagli sconosciuti”…., un loro modo di dire, come di molti altri genitori di quei tempi, che vedevano le sostanze stupefacenti come insidie che potevano intaccare la mia integrità! Ogni periodo ha i suoi dottori però… Crescendo, nella disinvolta superiorità dell’età adolescenziale, quasi a tracciare un ideale arcobaleno di piacere nel mio cielo, il lecca-lecca di Lolita – che la ragazza Sue Lyon, armata di occhiali a forma di cuore, tiene tra le labbra nel manifesto dell’omonimo film di Kubrick – è stato terapeutico….., alludendo alla mia consapevolezza sessuale e alle nuove pratiche amorose. Crescendo, i lecca-lecca, si sono anche trasformati nella loro funzione piacevole e mi hanno svelato altri loro aspetti. Quelli antropologici, per esempio, riservati agli adulatori, ai signorsì, ai leccaculo insomma, totalmente organici al “potere”… Tempo fa, invece, appresi che i lecca-lecca avevano fatto milionaria una 14enne americana che si è ritrovata in un lampo a capo di un impero per essersene inventati certi tipi che evitano la formazione di carie gengivali. Mah…! Riprendendo la poetica del gusto, non voglio piangere sui lecca-lecca versati e dire che la tecnologia è malvagia…., ma credo che possiamo fare a meno dell’innovativo lecca-lecca elettronico! Per ridare al gusto naturale che ciascuno di noi esplora quotidianamente il suo posto di guida dei sensi, ma anche di paradigma del senso!
mercoledì 27 maggio 2020
Vinum Vita Est
Le mutazioni dei modelli alimentari e la metamorfosi del gusto possono essere lente, diluite in cicli interminabili, oppure improvvise, ripide, tumultuose. Stavo cercando di dare alla mia gola e al mio ventre una più rigida disciplina dopo i giustificati stravizi della quarantena… Ma la notizia per cui 4 aziende di vino su 10, in Italia, sono a rischio chiusura per colpa di sto maledetto virus, spinto anche dalla mia mai sopita tentazione del gusto, ho deciso di virare la severità del mio fioretto dietetico verso l’indulgenza. I filosofi morali mi detesteranno….! Allora, all’uomo sobrio e casto, voglio ricordargli che il vino è prima di tutto un "alimento energetico e complementare", come lo definiscono da sempre gli esperti della nutrizione…. Energetico in quanto contiene sostanze organiche alimentari in grado di fornire calorie; complementare in quanto, di per sé, non è in grado di coprire però completamente le esigenze vitali del nostro organismo. Ma è pur risaputo che il vino compie effetti fisiologici di notevole importanza sul nostro organismo. Come accentuare la secrezione salivare, quella gastrica e anche quella pancreatica. Inoltre stimola l’attività cerebrale e induce un vago senso di benessere…. Invece stiamo diventando un popolo di rinunciatari di questo bene alimentare naturale.... Stiamo diventando dispeptici divoratori di integratori! Stiamo sostituendo il vino, preferendo compresse e bustine liofilizzate! Certo, ci vuole sapienza nei consumi, ma se il vino ritornasse ad essere com’era, un alimento del nostro regime dietetico, assunto con la legge della moderazione, celebreremmo tutti meglio la vita. E non si parlerebbe di distillazione per fra fronte agli attuali esuberi in cantina, rischiando così di perdere, oltre il vino buono, anche il valore identitario delle nostre straordinarie produzioni ricche di funzioni e di significati. Se per un attimo alla vecchia grammatica volevo sostituire un discorso nuovo, una nuova inedita mia logica alimentare, dopo sta notizia delle cantine rimango quello che ero. E vi dirò che preferisco anche essere un po' rubizzo per l’uso del vino piuttosto che pallido per quello dell’acqua. Io l’acqua la bevo con distacco, con indifferenza. Il vino lo godo, lo medito, lo festeggio, lo condivido. Per me è terapeutico! La disputa fra acqua e vino riflette da sempre il mio conflitto, ma anche quello di tutti. Provate a togliere dal messaggio biblico il vino....! Non ci saranno più celebrazioni, feste, canti: “il pane dà forza, il vino rallegra il cuore umano” (sal. 104,15). L’uso immoderato dell’acqua, favorisce “splenem et hydropem”, mortifica ed estingue il calore dei visceri, inducendo “paralysim nervorumque defectus”.... Al contrario, “vinum bonum laetificat cor hominis"..... "Vinum vita est"!
domenica 17 maggio 2020
Oltranza Espressiva
I giochi di parole, le vertiginose cascate di cifre sonore, le opposte informazioni che da un po’ di tempo a sta parte scendono come un torrente dalla bocca di ministri, capi di stato, segretari, sottosegretari, consulenti e consulenti dei consulenti, stanno segnando questa stagione degli eccitati oratori della frenetica antisemantica dei significati.... In poche parole non si capisce una mazza di tutto ‘sto gran parlare. Si sa solo che i maestri della chiacchiera, a turno, ci stordiscono - noi poveri ascoltatori esecutori delle direttive - con la funambolica girandola di cifre, consigli, regolamenti, ricette. Che ci somministrano con la strategia dell’oltranza espressiva, con l’accelerazione della catena verbale e il loro memorabile repertorio di termini incomprensibili. I conversatori di turno, con il loro gioco della paronomasia, ci hanno confusi più di quanto lo siano essi stessi. I sogni terrorizzanti che a turno questi predicatori patentati vogliono collocare nel nostro inconscio collettivo stanno però moltiplicando i nostri “antidoti”, i nostri “protettori”, interni ed esterni. Nell’immancabile conseguenza del raggiungimento del gran caos dei “preservativi" farmaceutici, in questa danza di recipe - di mescolanze vitaminiche, aromatiche, curative - sono diverse le pratiche che stiamo mettendo in atto per esorcizzare il male attuale. A turno, con inusitata risonanza e disperato slancio, stanno emergendo le attitudine arcaiche del mondo popolare, della sua cultura, per combattere le ansie e le inconsistenti barriere razionali di una scienza medica, quanto mai labile e contraddittoria, che brancola ancora nel buio. Per esempio con le pratiche imbevute di riti magici con tutta una farmacopea di erbe, di antidoti, decozioni, elettuari, sciroppi, per proibire i sogni malinconici e spiacevoli del momento.... In questa concitata atmosfera c’è chi vuole invece frantumare la catena del male che ci attanaglia con l’intervento soprannaturale e gli aiuti prestati miracolosamente da Dio, ai suoi confidenti. O chi cerca di rifugiarsi in altri "paradisi" artificiali, consumando “pani” allucinogeni per smorzare, coi viaggi visionari, l’ansia e i morsi velenosi di questo Covid19. La mutazione che è in atto in noi è più di un cambiamento. Si sta definendo una trasformazione radicale, una vera e propria metamorfosi del nostro essere e agire. A sto punto ci sarebbe bisogno di una spinta lungimirante che sappia riscrivere completamente le regole della convivenza. Uno spirito ragionevole e cauto, che sappia migliorare almeno l’atmosfera delle tensioni sociali. Di un soggetto che - facendosi consigliare dall’uomo di marciapiede, dall’immenso serbatoio di professionisti, di persone, specializzate nella "sopravvivenza" - ci sappia indicare con poche parole la via per campare ancora un bel po’ se non da leoni, almeno non da pecore.
domenica 10 maggio 2020
Movida indoor
Il fragile congegno mentale di molte persone inquiete è stato travolto dalla macchina del lockdown. Il dolce tempo peccaminoso è stato cancellato dall’aridità di questo tormentato periodo esistenziale a cui corrisponde una particolare sterilità di rapporti ravvicinati. Ma il vuoto non esiste. Da una settimana, da quando le maglie della restrizione covidiana si sono allentate, si ripropone il gusto delle passate voluttà che sono appartenute al limbo tormentato dei cupi macinatori di ansie. L’ingurgitamento compulsivo della decrescita felice, sta richiamando il tema delle ore liete. I sensi oltraggiati si stanno facendo rivoltosi contro il congegno proibizionista di cui sono stati per tutto sto tempo vedette, antenne, avamposti. I sensi non si sono mutati! Sull’onda d’insidiose memorie stanno cedendo all’entusiasmo dell’incontro modaiolo in preda ai puri sentimenti dell' happy hour. Un’illuminazione repentina si sta muovendo nel loro animo come un uragano di emozioni: è la mai dimenticata Movida. La profonda mutazione antropologica di questo periodo produce però nuovi miti e nuovi riti per la bisboccia tribale. La moderna cerimonia sociale di food&drink per conciliare gli animi, infatti, sta diventando indoor. Tentativi che nascono in contropiede. Con le case che stanno diventando lounge, bar diffusi, luoghi collettivi insperati, o disperati, nel folle tentativo dei visionari contemporanei di far risorgere l’occasione emulando le più scenografiche serate outdoor... Il modello tradizionale di focolare domestico sta subendo una grande trasformazione. Stanno dilagando modelli cool di case come oasi esoneranti! Dove riassaporare un vivere spensierato, acceleratore di particelle relazionali. Gli intraprendenti della nuova Movida indoor, che confondono i tempi con le ore, ne stanno facendo piattaforme euforizzanti tra relazioni face to face e contatti social iperconnessi to smartphone…. Al format aggregante di una scenografia glamour, fra divani, poltrone, piante e luci, in atmosfera effervescente e liberatoria, stanno rispondendo alla grande in tanti. Sì balla, si bevono aperitivi delivery, si chiacchiera - rigorosamente in compagnia dei “congiunti” - presi dai ritmi della disco music di professionisti improvvisati della console casalinga. Solo tra un po' sapremo se, in questa privazione totale di rapporti outdoor, l’illusione della Movida indoor diventerà paesaggio urbano....
domenica 3 maggio 2020
Intervallo gourmet
Il richiamo della libertà risuona insistente. Il grande nemico occulto della convivenza sociale sta ponendo le sue regole. Il Paese del bengodi è ad una svolta. Si sta estinguendo l’intinto d’implicazione sociale dell’andare al ristorante. Il banchetto collettivo popolare, la festosa “bombance” del fuoricasa, il rito comunitario della tavola aperta a tutti che ci appartiene da sempre, sta cedendo il passo al progressivo distanziamento sociale. Consumare un pasto in un luogo, con l’ossessione di essere contagiato, tiranneggia nell’umore dei consumatori eccitati. Covid19 sta ricodificando lo stile di vita, omologandolo ad un sistema che si scaglia violentemente contro ai principi del piacere conviviale. E quindi agli ambienti che hanno finora creato i naturali comportamenti sociali intorno al cibo! Il ristorante in primis, luogo in cui, oltre che la comunione dei cibi, si consuma la socializzazione della gioia anche fisica. Il piacere, il benessere mentale e corporale, la sua logica antica, la sua sacralità, la sua “religio”. La tragica dicotomia sociale, fra chi vuole e chi no, un sistema nel quale anche il banchetto nuziale si deve celebrare sotto la regia del distanziamento sociale, ci porterà su un territorio misterioso e ad una conversione di molti esercizi della coscienza esigente del gourmet. Che, sconcertato, molto probabilmente si servirà, con estrema disinvoltura, dell’intelligenza graffignante, astuta, di trucchi, di espedienti, di tecniche per aggirare l’ostacolo, esplorando un certo sistema clandestino che gli funzionerà come psicofarmaco… Sono curioso di conoscere quali invenzioni verranno celebrate, in questo intervallo gourmet, per sedersi al tavolo di un ristorante e consumare un pasto con chi si vuole, senza l’angoscia di essere individuato, scannerizzato, bonificato, schedato. Quanti ingegni golosi e picareschi illumineranno l’Italia per mettere in campo tutti gli artifici necessari per far fronte alla dura lotta contro il menu morale voluto dal distanziamento sociale! Confido in una tolleranza romantica, piena di comprensione verso i vizi e le virtù umane della tavola, da parte dei controllori.
domenica 26 aprile 2020
Microbo preservativo
Nella poliespansa e farcita tavola contemporanea che si fa largo nella moltitudine delle cucine, nella moltitudine delle case italiane, si profilano paradisi di cibi asettici, confezionati più da rituali di laboratori medicali, in sale operatorie, piuttosto che da artigiani agro-alimentari esperti e rispettosi delle tradizioni. Il fenomeno di massa va collegato alle attuali circostanze e presiede l'ineliminabile scansione della pandemia che ci ha travolti. In questa dimensione equivoca, di momenti intensamente dolorosi, densi di una profonda e vissuta coralità, nella testa di noi italiani si sta facendo strada un pungente desiderio di una cucina anti batterio. Irreparabilmente si sta cercando di far fuori il microbo buono, quello sano. E invece il microbo buono deve poter continuare la sua lunga e gloriosa esistenza, gareggiando con successo contro l’asettico imposto dai gusti prefabbricati. L’idea positiva di cibi sterili, privi di quei microbi che anche nella fermentazione volgono al positivo la putrefazione negativa, riuscendo a controllare un processo naturale di putrefazione, facendo nascere per esempio formaggi e salumi unici, non la posso sostenere. Il microbo buono che intendo significa il sapore che hanno i cibi che lo contengono, quello che si fonde nell’ebrezza erotico-sentimentale del palato. E’ il campo nudisti delle emozioni della gola. Un narcotico consentito. In questo mio pensiero di uomo dallo stomaco gagliardo, abituato ai piaceri della tavola, per cui persino le polpette hanno un’anima, non c’è posto per il cibo artificiale. Rinunciare al gusto che dà ai cibi il microbo buono, che rigenera i trilioni di microbi che abitano nella nostra pancia e si battono per la difesa del nostro organismo, è come fare a meno dell’amore: non se ne vede il motivo. Il microbo buono è un esercizio della fantasia, una raccolta di ricordi. I cibi implicano diversità, senza diversità sarebbero un controsenso, sarebbero impersonali. Non potrei sopportare una dieta incolore e inodore fatta più per soggetti malinconici, per caratteri privi di agilità e vivacità, che non si adattano allo spirito mutevole e al corso imprevedibile della vita. Sono convinto che il grande preservativo della salute rimane il microbo buono. Quello che arricchisce di temperamento il cibo, e non solo.
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