martedì 28 marzo 2017

Peccato di Gola

Quando ero piccolo Mago Zurlì era un nome magico per me, ma anche per gli adulti di casa mia. Era magico il nome, come l’eccezionalità dei modi di Cino Tortorella e del suo Zecchino d’oro. Il Mago Zurlì è stato uno dei miei miti d'infanzia che guardavo imbambolato per ore davanti  alla televisione mentre interagiva con Topo Gigio con una naturalezza imbarazzante. Destino volle che Cino Tortorella lo incontrai personalmente tanto tempo dopo…, da maturo, sul mio campo, ad un Vinitaly. Quando il Mago Zurlì era ormai uscito dalla scena televisiva col suo prezioso dono di saper parlare a tutti. Non ricordo in quale edizione del Vinitaly e neanche più chi me lo presentò… (Sigh!). Parlammo molto quella volta, così come quando capita con qualcuno che ti sembra di conoscere da sempre... Cino Tortorella mi raccontò che era incatenato alla storia televisiva dello Zecchino…,  al suo personaggio di Mago Zurlì! Non sapevo fino a quel momento che l’indimenticabile protagonista dello Zecchino d’Oro fosse anche un grande esperto eno-gastronomo… Che, oltre lo spettacolo dell’Antoniano di Bologna, aveva fondato delle riviste del settore…, che collaborava ancora con alcune di esse…, che aveva a che fare con gli chef, con la ristorazione, col cibo di qualità e coi suoi produttori, che aveva una certa passione per il peperoncino…! Cino Tortorella quella volta lamentò, con l’appetito e l’allegria generosa di chi adora la buona cucina, il fatto che non si sapesse in giro di questa sua passione, di questa sua esperienza, di questa sua specializzazione…,  e che tutti lo consideravano “solo” il Mago Zurlì…, (Sigh!). In quell’occasione mi mise anche al corrente del progetto che aveva in mente di far togliere il Peccato di Gola dai sette vizi capitali… Per lui era una cosa inconcepibile che la Chiesa considerasse l'amore per il cibo alla stregua dell’Ira, dell’Invidia, dell’Accidia, della Superbia, dell’Avarizia, della Lussuria... Concordai! Di più…, mi sembrò un’idea geniale proporre l’abolizione del Peccato di Gola, un vizio innocente, attraverso il filtro dell’ironia comprensiva! Scherzando gli dissi che con il mio cognome avremmo potuto arrivarci prima dal Papa per proporgli il suo progetto…, (Sigh!).  Dopo quella volta lo vidi ancora molte volte a diverse manifestazioni eno-gastronomiche in giro per l’Italia… Gli chiedevo sempre a che punto fosse il suo progetto  e a che punto fosse arrivata la raccolta di firme per il Referendum Popolare che aveva in mente… (Sigh!). Adesso che Cino è volato in cielo lo immagino in Paradiso in un dialogo godereccio, di chi non si vergogna delle passioni terrene, con Sigieri di Brabante, uno dei pensatori più originali del XIII secolo, nel tentativo di accordarsi per far abrogare, almeno lì, il modello dittatoriale imposto su sta terra dalla Chiesa…, (Sigh!). 

venerdì 24 marzo 2017

ciao Bob!

Che cosa posso dire di Bob Noto? Se scrivo tanto ho sempre l'impressione di avere detto poco e omesso molto. Perché Bob era uomo di una specie rara. Se n’è andato col troppo che ha dato e che poteva dare. E allora serve la memoria. Quella minuta d'un incontro..., con il tuo sorriso pulito, con il fascino e lo stile da vero Signore…., quel giorno che venni nella tua ferramenta invogliato dalla tua speciale cordialità…, e ti chiesi in prestito delle tue opere per un evento che organizzavo a Torino... Mi ringraziasti, invece, tu… Con poco più di quello che le tue foto dicono e non possono dire della tua gentilezza assoluta, di quella tua disponibilità, ironia e riserbo… Ciao Bob! Ti vivrò con la malinconia dell'obbligata lontananza...

martedì 21 marzo 2017

Gita sull'Etna

Una foto scattata dallo spazio mentre l'Etna erutta, stava spopolando sui social dopo che Thomas Pesquet, ingegnere e astronauta francese dell'Agenzia Spaziale Europea l’ha pubblicata l'8 marzo su Twitter. L’immagine sembra un’opera d’arte moderna! Qua è là macchie bianche e macchie nere, fatte col pennello… Un critico gourmet la intitolerebbe riso, nero di seppia e burrata … Per mio figlio, invece, è quel che rimane di un pezzo di carta bianca cominciata a bruciare..., (Sigh!). Martedì 14 marzo, uno dei crateri dell’Etna è esploso e il materiale piroclastico ha beccato una dozzina di persone che si trovavano sul Belvedere del vulcano a 2700 metri d’altitudine...! Tutti salvi. Svanito l’effetto mediatico della straordinaria immagine di Pesquet, inizia una due giorni di servizi-tormentone sull’episodio "Etna e i malcapitati"... Venerdì 17 marzo, fine di tutto..., (Sigh!). In un  niente si è passati da una certa ammirazione verso uno spettacolo della natura, in un posto straordinariamente unico rivelato da una foto, ad un sentimento opposto e contrario formulato da una cronaca attenta solo a conquistare qualche lacrima di popolo.... (Sigh!). In un  mondo sempre più abituato da suoni nuovi e pervasivi, però, io, da ste poche righe, voglio ridare all’Etna il giusto posto che merita. Attraverso la voce dell’autore Nino Savarese, (Enna 1882- Roma 1945), che scrisse “Gita sull’Etna". 20 pagine che fanno parte del libro “Cose d’Italia”, di cui vi consiglio di leggere anche gli altri racconti di suggestivi luoghi d'Italia scritti dall'autore ennese tra il 1930 e il 1932, curato da Leonardo Sciascia. Gita sull'Etna è uno spaccato di cronaca geologica sapienzale, pieno di amore per la terra e i suoi segreti... Con il racconto dei paesaggi, che mutano man mano che l’autore sale verso il cratere... Pennellati dalla sensibilità del senso culturale che la cronaca di oggi ormai ha lasciato cadere. Gita sull'Etna corre accanto a chi legge proprio con la continuità cadenzata che l'ha costruito, lungo le giornate del suo autore: ritrova cioè il percorso di un diario, tutti gli interni momenti  della preparazione, della scoperta, dell'attesa, dell'accadimento... Un racconto che, più di ogni altra cosa,  ti fa venire voglia di catapultarti in Sicilia per salire fin lì e godere delle meraviglie dell'Etna.., (Sigh). "... Camminiamo tra vigneti ubertosissimi; si intravedono casette nere e bianche tra i pomari, e sentieri bordati di erbe e di fiori spontanei, e muriccioli pure neri, che chiudono poderi traboccanti di frutteti...". “…Si sente di varcare la soglia di una terra governata da altre leggi naturali, soggiogata da altre forze a noi del tutto sconosciute...". "... Così che l’occhio non può mai abbandonarsi ad una contemplazione riposata ed ingenua. Si guarda questa terra con un certo sospetto, anche dove essa appare rigogliosa ed intatta. Come si guarderebbe un corpo sparso di foruncoli, i quali, sebbene emarginati, non possono fare a meno di ricordare il passato martirio e tenere l’animo incerto con la minaccia che il male ritorni…”. "... Alle volte, sono pietre messe le une sulle altre che si alzano appena sulla confusa distesa delle punte, ma se pure non le avanzano, si distinguono lo stesso dalle altre punte dei mucchi casuali, perché mostrano il segno della volontà di un uomo, che è venuto su questo deserto sconvolto a lasciare la traccia di una sua intenzione...". “… Questi agricoltori etnei sono condannati a misurare con la brevità della loro vita i rivolgimenti naturali ai quali, in genere, l’uomo non partecipa mai col proprio sentimento e con il proprio benessere…”. “… Qui si deve vivere come tenendo i piedi sopra una terra magica, in cui sono possibili alla luce del sole le più meravigliose apparizioni. Contadini e pastori non seguono solo gli umori dei venti e delle nuvole che portano il refrigerio della pioggia, ma tenendo l’orecchio ai boati dell’enorme montagna che sovrasta ogni loro orizzonte, e di notte guardano se non si accenda nel cielo o nel baratro delle valli qualche riflesso di fuoco”… "...Questa non è campagna solitaria, né deserto, è un segreto della natura al quale l'uomo si sente terribilmente estraneo. Qualche rarissimo uccello che solca l'aria fredda sembra aver sbagliato il suo volo, e sembra fuggire col cuoricino in gola, verso gli alberi del basso...". “ Ecco l’Etna squarciata da cima a fondo: non è una valle, ma un’enorme lacerazione nera di venti chilometri di giro! Le parte di, di roccia basaltica, sono ripide o a picco; grossissimi massi sporgenti sembrano brandelli rimasti attaccati alla enorme ferita, e creano ombre profonde e cavità dentro le quali l’occhio non penetra... "... "... E’ l’abbandono di ogni legge, anche di quella che il fuoco si era data a se stesso con gli sbocchi dei crateri: un momento di pienezza furibonda, uno scrollo di impazienza che dovette far tremare tutta l’Isola e ribollire i suoi mari…”. “…La natura sembra assorta in una segreta fatica che l’uomo non può né ammirare né comprendere…”.  Per la “Cronaca”…, (Sigh!).  


martedì 14 marzo 2017

Caffè verde

L’olfatto, l’ho già detto da queste pagine, http://morsidigusto.blogspot.it/2016/03/finche-cho-naso-vivo.html, è la mia guida sensoriale. Detto ciò, rimango sempre sorpreso quando incontro odori che mi scatenano prepotentemente ricordi legati al mio passato. L’altro giorno a Taste di Firenze ho assaggiato un Caffè Verde dell’amico Massimo Bonini della Torrefazione Lady Cafè. L’odore di sto caffè mi ha colpito diritto al cuore proiettandomi in un nostalgico tuffo nei ricordi della mia infanzia, (Sigh!). Per un po’, dopo quella degustazione, sono stato ostaggio della "sindrome proustiana" come nell'opera "La strada di Swann - Alla ricerca del tempo perduto", nella quale il protagonista, percependo il profumo dei biscotti e del the, compie magicamente un viaggio indietro nel tempo tra i ricordi della sua infanzia. In sto caffè verde c’ho trovato dei particolari profumi di erbe  che mi hanno fatto salire in gola nostalgici momenti. Proiettandomi a quando il mondo di noi terroni, emigrati a Bra, procedeva spedito, nonostante il sentimento antimeridionale che sentivo serpeggiare e affiorare ovunque, a scuola, all’oratorio, al campo sportivo, al cinema, alla Colonia Marina di Bra, (Sigh!)… E il divario classista lo faceva soprattutto l’alimentazione. L’odore di sto caffè, mi ha riportato all’odore di alcune erbe selvatiche di quando con mia madre e mia sorella Elena, poco più grande di me, soprattutto nei pomeriggi primaverili ed estivi, andavamo a raccoglierle nei campi vicini a casa nostra, arrivando, per sentieri, fin quasi a Falchetto: cicoria, malva, asparagina, finocchietti selvatici, tarassaco, silene,… Erano tempi in cui in casa mia si praticava una dieta vegetariana monastica forzata, perché ogni cibo necessario allora era scarso e, quindi, sacro. Sacri come, allora, tutti i beni primari necessari oltre il cibo, l’acqua, la luce, il gas, i vestiti…Se il resto non lascia spazio a nostalgia, il cibo, invece, mi scatena luoghi antropologici fatti di parole di memorie, ricordi, storie, persone, relazioni. Il mangiare a quei tempi era operazione anche rituale scandita sul doppio binario dei cicli stagionali e del calendario liturgico. Orchestrata dalle lune e dai soli. Dalle vigilie e dalle feste. Dai patroni e dai santi. Dalle nascite, dai matrimoni, dalle morti.., (Sigh!). Non eravamo mai soli a raccogliere erbe di campo... Ci trovavamo assieme a conoscenti, a bordo di sti campi, coi più grandi attrezzati di coltello e borsoni di nylon. Alcuni di loro, che abitavano lontano da noi, arrivavano fin lì imbucati a decine sulle mingherline utilitarie dell’epoca. Eravamo organizzati a squadre di famiglie che si dividevano anche i figli, dove questi abbondavano da una parte e scarseggiavano dall’altra..., (Sigh!). Battevamo i campi come perlustratori specializzati, guidati dal rito per la vita, contro la fame, contro la miseria. Ma quei momenti, in questo universo sobrio e severo, dove per i grandi non esisteva il tempo libero, le nostre mamme sapevano mascherarli in svago, in mezzo alla natura. Tra gli intrecci di dialetti delle mamme che si confrontavano a voce alta chinate a raccogliere nei campi... - gesto che per loro diventava in quel momento luogo di affermazione d’identità e costruzione etnicità di cui essere orgogliose - noi picciriddi imparavamo col gioco a riconoscere le erbe buone da raccogliere. Stando attenti alle ortiche, riempiendo le borse di quante più margherite potevamo, dando la caccia al quadrifoglio, correndo dietro ai soffioni, facendoci i timbrini dappertutto coi pistilli del papavero... Sentendo l’odore di sto caffè, mi sono ricordato dei tempi in cui il palazzo di via Goito, dove abitavamo, mandava suoni di vita già all’alba..., e a casa mia c’era la regola che la sera dovevamo esserci a tavola tutti e otto se no non si mangiava…, (Sigh!).

martedì 7 marzo 2017

Mimose

Domani 8 marzo è la Festa della Donna. Si celebrano i diritti delle donne… Evviva!!! Auguri sinceri a tutte le Donne! Domani ci saranno mobilitazioni di piazze…, dibattiti, trasmissioni televisive e radiofoniche che, con slancio morale, eroismo e amore, commenteranno il valore della Festa… E Mimose, vendute, per essere regalate, in ogni angolo delle strade, a mazzi, anzi a rami, anzi ad alberi…, (Sigh!). Su esperienza provata vi consiglio di rimandare appuntamenti serali, fuori casa, diversi che per festeggiare questa ricorrenza. Perché il contributo di partecipazione più importante a sta Festa, sarà dato da tutte quelle donne che, domani sera, cariche di determinazione e di una certa effervescenza collettiva, saranno in giro per locali a commemorare..., (Sigh!). Ogni volta che c’è la Festa della Donna, io ci sto attento a non consumare appuntamenti o incontri, fuori, la sera…Da quella volta, intorno alla metà degli anni ’90... Era un 8 marzo, ma mi trovavo in giro per lavoro già da un po’ di giorni assieme al mio collega Robi, con cui, allora, condividevo gran parte delle giornate e a volte anche le serate… Quella sera decidemmo di fermarci a dormire a Parma, dopo aver consumato appuntamenti su appuntamenti in zona, perché il giorno successivo ne avremmo avuti altri sul percorso che ci riportava a Bra…, (Sigh!). Prenotammo all’Hotel Torino, in centro. Nessuno di noi due aveva memorizzato, ricordato o commentato, nel frattempo, che, quello, fosse, l’8 Marzo, La Festa della Donna!!! Così, come al solito, per scegliere dove andare a mangiare quando si era fuori, sfogliammo una serie di Guide ai ristoranti… Iniziando dalla Nostra, se non altro anche per capire ogni volta se la segnalazione aveva un suo valore… E iniziammo a telefonare. Chiamammo una ad una tutte le Osterie d’Italia della città, segnalate dalla guida..., anche quelle nell’arco di 20 chilometri da Parma.! La risposta dall’altra parte del telefono, ogni volta, fu sempre la stessa: “siamo al completo”. Il nostro commento al fatto, come un padre che fa i complimenti al proprio figlio..., fu di elogio alla nostra Guida che ci dimostrava così di essere seguitissima! Peccato che fu così anche per le altre Guide che consultammo dopo…, (Sigh!). Disarmati e inconsapevoli del perché, ma allo stesso tempo meravigliati da cotanta passione gastronomica da parte dei parmigiani, cercammo nuovi indirizzi alla Reception dell’Hotel… A quei tre o quattro numeri che gentilmente ci consigliarono trovammo sempre la stessa risposta, "completi"... Senza che nessuno, mai, facesse riferimento al perché..., (Sigh!). Sfiniti, ed esauriti gli spunti di ricerca, provammo con le Pagine Gialle… E finalmente trovammo un posto! Arrivati lì ci meravigliammo del parcheggio zeppo di macchine…, che commentammo come un ottimo segnale..., (Sigh). In contrasto con lo squallore esterno della struttura del locale tipo pagoda cinese illuminata a giorno. Quando aprimmo la porta d'ingresso del locale fu un momento imbarazzante che ricorderò sempre…, (Sigh!). L’unico salone era pieno e zeppo di donne in ghingheri… sbraitanti…, che occupavano tutti i tavoli e le tavolate del ristorante…. Palloncini, festoni, e nature morte, arredavano l'unico squallido freddo salone del locale gremito come uno stadio… Mimose e pajette dappertutto! Robi ed io, timidamente, prendemmo posto nell’unico tavolino allestito per due tra il bancone d’alluminio lucido e il frigo bianco dei gelati Sanson… Le Mimose sul nostro tavolo, anch'esse sconcertate di stare in mezzo agli unici due uomini ospiti, ci accompagnarono per tutto il tempo, molto breve, in cui consumammo certe "delizie kitsch" guardati a vista..., (Sigh!).