martedì 4 settembre 2018

Il Falò di Via Goito

Via Goito e dintorni è sempre stata una piccola Sicilia di cui ho nostalgia. È quella nostalgia che mi coglie di sorpresa e, soprattutto quando mi sembra di essere al sicuro, fuori dalla traiettoria, ricompare… L’8 settembre a Bra è la festa della Madonna dei Fiori. Questa festa mi evoca ricordi particolari della mia infanzia, quando non facevo differenza tra giorni feriali e festivi. Le sere a quell’epoca le passavo a far tardi per la strada, giocando ai mestieri coi miei coetanei, oppure attraversando Viale Risorgimento, priva dell’attuale sfrontata edilizia, per correre sui prati a perdita d’occhio e contare le carrozze dei treni che sfrecciavano da Bra verso Torino e viceversa. La Madonna dei Fiori però per me è soprattutto il fuoco. Fuoco intenso. Perché la vigilia della Madonna dei Fiori era la notte dei falò. A Bra e dintorni, se ne accendevano decine e decine, ma molto contenuti. Noi di Via Goito, invece, il Falò lo facevamo enorme, altissimo, a tal punto che, siccome la circonferenza era esagerata, per aggiungere sempre più materiale da incendiare, noi piccoli ci dovevamo arrampicare. La notte del Falò per noi di via Goito era una grande festa che durava tutta la notte fino alle prime luci dell’alba, con il fuoco che ardeva per ore, ore, disumano, gigantesco, con fiamme altissime. Quelle fiamme un po’ mi mancano. Era un modo per stringerci forte tra noi conterranei, un’occasione per fare festa, incontrarsi, stare assieme. D’altronde erano tempi, quelli, in cui, per noi del sud, l’accoglienza della cittadinanza braidese, non era propriamente calorosa. Ancor più di oggi, allora, alcuni concittadini vantavano orgogliosamente degli epiteti ostili nei nostri confronti, “napuli” su tutti, per far riferimento a soggetti anche solo come il sottoscritto, nato a Bra, ma di origini meridionali... Nel tempo il falò di via Goito per i grandi è diventato anche costruttore di ponti fra gli abitanti della zona: sapeva raccontare le tradizioni e i legami degli uomini, parlare di condivisione, di scambio, di superamento di rancori e pacificazioni, di dialogo. Sapeva scaldare i cuori. Per noi “gagni”, invece, il falò rappresentava una specie di rituale magico, l’ultima festa dell’estate, in cui poter divertirsi spensieratamente e rompere il tabù della notte senza dormire. Chissà perché si faceva il Falò...?!  Sta di fatto che si sentiva il dovere di farlo per festeggiare la "nostra" Madonna. Ogni anno era una sfida a farlo più grosso. Dovevamo battere tutti gli altri. Doveva essere un fuoco grande, visibile in tutta Bra e dintorni, tale da suscitare l’invidia nei coetanei che li avevano preparati in altri posti…. Il pomeriggio del 7 settembre sul campo di Viale Risorgimento, adesso violentemente antropizzato, preparavamo il nostro gigantesco falò. Se la data coincideva col mercato del venerdì era più facile che venisse ancor più grande perché in ultimo aggiungevamo, alle cataste di mobili, bancali, e ogni sorta di materiale infiammabile, i cartoni e le cassette della frutta e verdura che gli ambulanti mollavano sulla piazza e noi raccoglievamo con carriole e carretti di fortuna. All’imbrunire il falò veniva acceso con le fiamme che si alzavano in cielo, sprigionando una cascata di scintille. Per noi piccoli era quella la vera festa. Trascorrevamo tutto il tempo a giocare, a guardare il cielo e le stelle intorno al falò, mentre i più grandi si raccontavano ciò che gli bruciava nel cuore. Verso le prime luci dell’alba, quando le fiamme scemavano e restavano soltanto più i carboni, le nostre mamme ci cuocevano quintalate di peperoni da mettere via per l’inverno.

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