venerdì 16 marzo 2018

Mangiarsi le parole

La scuola e i libri io li ho amati tardi. Da “gagno” erano la mia ossessione. Ero poco persuaso dai due. La scuola, con le sue ristrettezze morali che solo a ricordarle si diventa rossi, coi voti maledetti, con gli esami senza senso…, mi metteva a disagio. I libri invece, che a casa mia mancavano, mi facevano pensare ad un modello sociale che non mi piaceva…, da tipi intellettuali snob. Insomma..., fino a quasi vent'anni, mi trovavo più a mio agio in mezzo alla strada che in una biblioteca. Nella maturità invece i libri sono diventati la mia passione. Ne ho dappertutto e appena ne inizio uno devo subito legger anche quello dopo, e quello dopo ancora, e così via, in una spirale di passione letteraria dalla quale non ne esco più. Intendiamoci…, non sono un fanatico, uno che i libri li divora, ma quando sono a casa in meditazione, o al lavoro che mi porta a destra e a manca - molte volte in solitudine - il libro rimane il mio “riposo" preferito. Come, è anche il regalo che apprezzo di più. Dei libri che posseggo molti parlano della mia terra d’origine, la Sicilia, di gente, di neorealismo…, molti altri di cibo, di vino, di cucina, di antropologia del mangiare e del bere. L’altra settimana ho avuto il piacere di conoscere il professor Luca Clerici dell’Università degli Studi di Milano, grazie ad un altro professore suo collega, Riccardo Guidetti, docente nella stessa Università, con cui per lavoro collaboro ogni tanto. Mi ha omaggiato “Mangiarsi le parole”, un volume di ricette di alcune delle penne più importanti della letteratura italiana compresi dall’Unità nazionale ad oggi. Per citarne alcuni, Leonardo Sciascia, Dacia Maraini, Carlo Emilio Gadda, Umberto Eco, Alberto Moravia, Giuseppe Ungaretti, Mario Soldati, Gianni Brera, Luigi Veronelli, Andrea Camilleri…. Alcuni di essi sono miei miti... Il testo è un'antologia gastronomica di piatti, che si possono cucinare, che il professor Luca Clerici ha curato personalmente attraverso un’ approfondita e importante ricerca storica sull’argomento. Il libro parla di cibo sognato, desiderato, cucinato. Dello stare insieme, dei luoghi, dell’identità. In questo tempo in cui siamo tutti immersi nella cucina, e la cucina ci sovrasta, questo libro esce dagli schemi di quelli che ormai sul cucinare hanno difficoltà a pensare e a comunicare qualcosa di originale. E' un'opera che fa parte di quella “comunità di senso”, ormai defunta, della comunicazione intelligente sul mangiare. Uno strumento di conoscenza e coscienza che elabora una forma culturale di resistenza, all’omologazione in atto sul tema. Diversa dalla comunicazione odierna che allena solo più incoscienza, praticata da gruppi chiusi, settari, sapientoni e classificatori della cucina globale che produce solo contrapposizioni e eresie…, (leggi eventi e congressi sul tema in cui ci vado ormai solo per sentire chi la spara più grossa)... Mannaggia a cos'ho detto! Me lo suggeriscono in tanti che delle volte dovrei imparare a mangiarmi le parole…


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