martedì 9 maggio 2017

Terre della Montanina


Mi è difficile sottrarmi alla suggestione antropologica della vita contadina. Ancor più quando a sensibilizzarmi sul tema è un caro amico come Carmelo Chiaramonte, chef colto ed eclettico, siciliano di Modica, che giovedì sera mi ha fatto percorrere un’altra formidabile tappa di queste mie piacevoli esplorazioni. Nei giorni precedenti in cui ci siamo sentiti per fissare l’appuntamento di lavoro, che avremmo consumato a Bergamo da Pentole Agnelli, Carmelo mi aveva avvisato: “dopo ti porto in un posto originale, per incontrare persone speciali, amici miei”. Meta San Ponzo Semola, quattro case e una chiesa nel cuore dell’Appennino Pavese, difficile da scovare tra le classiche mappe geografiche. Per me, fino a giovedì scorso, la zona del Pavese era sempre stata una terra piatta, noiosa, invasa da acque e dedita alla produzione di riso e poco altro, (Sigh!). Invece…! L’altro pomeriggio, percorrendo i posti che da Pavia tagliano verso Varzi e poi verso la meta, i luoghi incontrati mi hanno sorpreso per la loro ricchezza di colline coltivate di ogni cosa che si arrampicano anche alte verso il cielo. Strada facendo sono stato adescato e attratto da più ariosi e meno calpestati paesaggi dove il turista gastronomico di oggi, credo come me fino all’altro giorno, non mette di solito piede... Arrivati a destinazione, nel cortile di una  strana cascina, che poi ho scoperto essere stata un tempo una suggestiva caserma di Lanzichenecchi, (soldati mercenari di fanteria arruolati da Legioni tedesche del Sacro Romano Impero che combatterono tra il XV° e il XVI° secolo), ci accolgono Lino Verardo con la moglie Mariangela e il giovanissimo figlio Luca, con fare e sentimento d’altri tempi! Mi rendo subito conto di trovarmi in un luogo quasi fiabesco…, felice! Appena dentro casa mi sento in un mondo che già conosco, ma ancora più vero e remoto. Un mondo ormai scomparso. Nella umile, ma ben sicura cucina col camino d’epoca, la tavola è già imbandita in attesa di cibi veri da consumare per spegnere le fatiche contadine. Un poster di Che Guevara e alcune foto di Fidel Castro, appesi qua e là, testimoniano le simpatie politiche del padrone di casa…, come anche il libro sul “Sessantotto genovese”, appoggiato sulla credenza, lascia intendere che una volta sbrigate le cose di campagna, in questa casa, qualcuno ama darsi alla lettura impegnativa… Dopo aver preso confidenza ci siamo seduti alla tavola dei Verardo, allestita come una specie di altare sul quale cibi veri occupavano il maggior spazio... Salame contadino, fave fresche di Leonforte portate dall’amico Carmelo, un piatto enorme colmo di tranci di una specie di torta pasqualina, formaggi misti capra-vacca- pecora, vino, bianco e rosso locale, e pane scuro fatto in casa... Un pane che sormonta tutti i sapori che contengono le cose gustose e mi riempie subito l’anima di una gioia inesplicabile... Rimango rapito dalla bontà di sti prodotti, ma soprattutto dalla conoscenza di questa famiglia... Tra un muggito e l’altro di vitellini e mucche, separati, che si chiamano a vicenda nella stalla vicina, ascolto estasiato la loro storia e quella personale di Lino Verardo, 62enne dalla barba lunga e un bosco di capelli sale e pepe disordinati, che me la racconta.  “Lino il genovese”, per quelli di qui, mi racconta che da giovane partiva da Genova alle cinque di mattina per raggiungere Voghera dove si è diplomato perito agrario. Poi un periodo di lavoro a Reggio Emilia e l’ approdo in questa fattoria sperduta per amore e passione verso alcune razze di bovini autoctoni che stavano scomparendo: la Montanina e la Cabellotta o rossa di Varzi! Mucche che producono al massimo 30 quintali di latte all’anno, ma molto digeribile…. Mentre mangio ste squisitezze, mi appassiono sempre di più alla passione di Lino. Di questo grande contadino, indisciplinato, fantasioso, ribelle, originale…, maestro di un mestiere diverso da quello che i più conoscono. Uomo competente, di grande capacità contadina. Forse uno dei pochi del nostro Paese rimasti liberi, Lino ha un’altra qualità che diventa preziosa se si accompagna all’intelligenza e alla bontà d’animo: è allegro! I suoi prodotti superano qualsiasi tipo di denominazione., biologico, ecosostenibile, biodinamico, naturale, per rimanere unicamente unici, “fatti come si deve”. Produzioni che non hanno mai risposto a corteggiamenti e proposte pseudo istituzionalpopolari, come nemmeno ai presidi o simili… Oltre le mucche, la famiglia Verardo, nella sua fattoria, alleva anche capre, pecore, maiali, e asini, di razze poco conosciute. Le bestie qui crescono al pascolo e si nutrono solo con foraggio prodotto dalle terre coltivate dai Verardo che garantiscono il latte con cui loro producono ottimi formaggi e vendono in un piccolo spazio della casa adibito a negozio o quando abbonda anche a qualche fedele gruppo d'acquisto. Il resto serve a sfamare la famiglia…. Di colpo, nel colloquio generale, sono tornato ad essere quello che vuole assolutamente sapere di storie e tradizioni andate. E così domando di sti effetti meravigliosi… Scoprendo questo incredibile personaggio, capace di adattarsi assieme alla sua famiglia alle situazioni più difficili, senza l’ingombrante meccanizzazione moderna, in accordo con la natura e conservando intatti i suoi principi. Lino mi racconta con generosità e commozione, che da poco ha fondato un’associazione, “Terre della Montanina”, per far conoscere le razze bovine della zona e acquistare uno storico mulino ad acqua per tritare le granaglie antiche reimpiantate nei campi di una ventina di vicini contadini, complici… Un progetto che vuole trasformare i grani antichi della terra in preziosi beni commestibili…. L’ interesse al Mulino è genuino. “Ci vogliono 200.000,00 euro…, li vorremmo raccogliere con il sistema Crowdfunding”, mi dice Lino con la sua umanità. Il fine è nobile, come la neo Associazione..., come pure la tenacia e la fierezza di propositi che sono la caratteristica più spiccate di quelli aperti di mente. Per questo gli prometto di impegnarmi per dargli una mano almeno facendo conoscere sto progetto. Carmelo Chiaramonte ed io ce ne andiamo l’indomani mattina dopo aver aver goduto di una ricca e gustosa colazione contadina, preparata da Mariangela con la sua squisita gentilezza oltre che con grazia raffinata. Nell’aia, bagnata dalla pioggia del giorno prima, razzolano oche, galli, chiocce e pulcini, nonostante cani e gatti, mentre le bestie da latte dei Verardo girano libere al pascolo dietro la stalla…. In 12 ore sono riuscito a respirare una buona boccata d’aria…, diversa, più ricca di ossigeno. Ho fornicato con la storia alimentare, con i manuali agricoli, con l’economia umana, con le culture dei campi e degli allevamenti…, con i metodi contadini di una volta! Ho conosciuto persone straordinarie, vere! Ho assistito ad una bella lezione di umanità, di dignità e di forza. Che storia! Grazie Carmelo! Grazie Lino, Mariangela e Luca! Ci rivedremo presto…, promesso!

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