venerdì 3 giugno 2016

Gin, Gin

Ogni tanto mi faccio di Gin Tonic. Solo ogni tanto però. Nel periodo estivo di più. Quando trovo chi lo sa fare bene me ne faccio anche due o tre di seguito. E’ uno dei miei pochi “onesti” cocktail che tiro giù a golate per meditare, per dissetarmi, per rimettermi a posto dopo i bagordi della tavola, per stare in amicizia. Delle volte, durante, io che non fumo, boccheggio anche un sigaro toscano o un cubano che sia. Non so il perché! Il Gin tonic io lo considero un toccasana! Gli riconosco le qualità terapeutiche degli ingredienti. Di  quando Gin e tonica non stavano ancora assieme, ma tutt’e due venivano usati come potenti febbrifughi! Me ne accorgo subito se un Gin tonic è fatto bene. Sembra facile: tre cubetti di ghiaccio, un po’ di Gin, una fettina di limone o lime e acqua tonica…No, No! Non è così. Indimenticabili sono quelli che mi sono fatto a San Sebastian, Donostia nei Paesi Baschi. Quando a inizio millennio, per una diecina di anni di seguito, frequentavo “Lo Mejor de La Gastronomia”. Al Kursaal, il palazzone tutto legno e gigantesche vetrate, adagiato sulla spiaggia della Zurriola da cui si vedevano anche le ondazze atlantiche domate da surfisti coraggiosi e infreddoliti. Qui per una settimana in autunno si radunavano i migliori chef al mondo venuti lì a dimostrare la propria arte. Il format l’aveva ideato il noto giornalista spagnolo Garcia Santos, innamorato della cucina italiana. Che l’amico torinese Giorgio Grigliatti, indiscutibile talent scout eno-gastronomo, gli faceva provare in ognidove per scoprire il meglio da portare come esempio lì a Lo Mejor. Oggi in Italia esistono una marea di fotocopie del Congresso di Donostia, ma nessuno si avvicina nemmeno a somigliarlo un po’. Mi manca un casino Lo Mejor. Mi manca anche il dopo Congresso! Quello delle sere passate a tirartardi, tra pinchos e Txakolí, ristoranti stellati, taverne, sociedades gastronomiche, e altri tipici locali della gola per cui è famosa la Perla dell’Atlantico! A San Sebastian, il Gin tonic me lo godevo proprio, e me ne facevo anche a manetta, in buona compagnia, la sera tardi, al Bar Dickens. Un “baretto”, specializzato nel famoso drink, simbolo di ritrovo per gli appassionati come me. L’allora suo barman, un certo Joaquìn, era stato non so quante volte campione del mondo di Gin tonic. Assistere alla sua preparazione del Drink era come andare al teatro: sguardo di sfida da torero concentrato sul bicchiere, gesti cadenzati, ritmi lenti di altri tempi…, li ripeteva più volte. Alla fine il Gin tonic di Joaquin, servito rigorosamente in Balon di vetro, risultava rotondo, fresco, aromatico. Uno più buono dell’altro. Con quel non so che, che alla fine me ne faceva bere ancora. Non mi ricordo quanti Gin Tonic ho bevuto al Dikens. Mi ricordo però che si pagavano cari e in contanti. Lo scoprii tristemente subito la prima volta. Ne avevo già bevuti un paio, apprezzandone l’eccellenza. Così, quando fui raggiunto lì al Dikens da un po’ di amici, in tutto una diecina - tra i quali alcuni allor giovani chef ancora molto lontani solo dall’immaginare di diventare gli affermati tre stelle Michelin di adesso - li invogliai, a seguirmi sul Drink che mi aveva rapito. E così ordinai a Joaquin, con una certa confidenza come se lo conoscessi da una vita, “Gin tonic per tutti, pago io”. Vinse e valse la regola che un Gin tonic tirò l’altro…, così ne bevemmo un po’. Mi avevano detto che il Gin Tonic al Dickens non lo regalavano, ma non ero così pronto per sapere che costava dieci/dodici euro, sich! Fatto sta che io, che col contante ci litigo, anzi le mie mani ci litigano sempre perché non riescono a trattenerlo, quando andai a pagare porsi generosamente la mia carta di credito al cassiere. Mi ricordo ancora il sorriso a mezzo muso stretto stampato sulla sua faccia dondolante, e il gesto del pollice che sfrega insieme il medio e l'indice, per dire senza dire, in segno dei contanti. Cheffigura di m….!, pensai smarrito, sigh! Fortunatamente il cassiere mi tranquillizzo sottovoce togliendomi pure dall’ imbarazzo: “tranquio, no te preocupe…..,fuera da aquì hay sta en bankomat donde se puede retirar  y después pagar!” –  puntando cogli occhi e facendo un cenno ad un suo collega marcantonio piazzato sulla porta di accompagnarmi, andata e ritorno…. Il Gin tonic che apprezzo di più però è quello del mio amico Michele Di Carlo, detto Michel0ne (Micheluan). Il number0ne dei Drink. Il cocktailsman per eccellenza. Il “gustosofo” esperto in cocktail, immenso in tutto e per tutto, dotato di un infallibile olfatto e un palato superfine. Oltre che di una tecnica di insegnamento e di assaggio che, sommato alla sua cultura sugli Spirits, lo fa un professionista di livello superiore. La sua filosofia, diventata mia, è che un buon barman è tale quando non ti fa ubriacare con soli due o tre cocktail. Lui è così! Responsabile fino dalle intenzioni e sa proprio come farmelo godere il Gin tonic! La sua ricetta? Semplice: 4 cl di Gin – ghiaccio - 1 bottiglietta di acqua tonica  - 1 fettina di lime. Prima cosa raffredda bene con ghiaccio tritato il bicchiere, Tambler grande per lui. Svuota e rifà. Risvuota, e adagia la fettina di lime sul fondo schiacciandola appena, poi riempie il bicchiere di ghiaccio, aggiunge il Gin e serve con bottiglietta di tonica a parte. Semplice direte. Provateci! Il Gin Tonic di Michel0ne è fatto di dettagli: sceglie il lime maturo e succoso, ma turgido. Dei Gin, a secondo: Beefeater Blu 47°, Broker’s 47°, Burnett’s 50°, Plymouth Navel Strenght 57°. L’acqua tonica è sempre ben fredda. Il ghiaccio, trasparente e cristallino. Mica quei cubetti ossidati bianchi che usano i “dozzinali” fabbricatori, alterandone il gusto! Il Gin tonic di Michel0ne sa di Gin tonic! Non di gin, non di botanici, non di spezie, non di acqua tonica….E poi come usa lo Stirrer, lui…..! Altro che robot Makr Shakr....
Gin, Gin! 

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