John Irving, è in Italia dal
1977, da quando “emigrò” da Carlisle capoluogo della contea di Cumbria, 15
km dal confine con la Scozia, a Torino per amore della Juve. Una follia, se ci
pensate, ma è vero. C’è un libro di qualche anno fa di Gabriele Romagnoli,
“Passeggeri”, che parla della scelta di
John e di storie simili, di uomini e di donne che, con i loro trasferimenti
radicali, sono riusciti a dare un senso al loro vivere e essere felici. John lo conobbi a Torino alla
fine degli anni ’90. Me lo avevano raccomandato per un lavoro di traduzioni.
Avevo necessità di produrre un catalogo in lingua inglese quand’ero direttore
marketing di Amedei Cioccolato, così andai a trovarlo un pomeriggio di
primavera inoltrata nella sua casa-studio di corso Peschiera. Mi colpì da
subito l’accoglienza amicale che John mi riservò, pur non conoscendolo. Nulla a
che vedere con lo stile inglese e nemmeno torinese, molto di più meridionale.
La sua casa di Torino, mi ricordo, era piena di libri che riempivano ogni
parete e anche appoggiati su ogni superficie. Ce ne erano a pile ovunque, con
titoli in italiano e in inglese. In alcuni posti ammassati anche per terra.
John i libri non li possiede solo, ma li sbrana!. E poi i suoi quadri, il pianoforte, che comunicavano la sua
inclinazione per l’arte in genere. Mi piaceva tutto di quella casa. Ricordo che
quel giorno quando uscii dall’appuntamento con John, mi sentii più ricco
dentro. Non era il suo lavoro, quello che gli chiesi, ma me lo fece ugualmente,
credo, per un inteso senso di “pelle”. In appena mezz’ora, pur non
conoscendoci, quella volta John ed io avevamo parlato di tutto e di più. Oltre
del lavoro, dei piaceri condivisi: della Juve soprattutto, della buona tavola,
della lettura, dell’arte, della Sicilia, della famiglia….Da lì in poi la nostra
conoscenza è cresciuta come anche la nostra amicizia. Agevolati dal fatto che il
suo lavoro ha poi man mano preso più la piega eno-gastronomica, il mio settore,
e anche per il fatto che solo un paio d’anni dopo John si trasferì a Bra
proprio per lavoro. Qui vive in un appartamento del centro che assomiglia per
alcuni versi a quello di Torino, ma contiene il triplo delle cose che aveva là
sistemate allo stesso modo. Laurea in Lingua e letteratura italiane
all'Università di Edimburgo, con una tesi sullo scrittore urbinate Paolo
Volponi, John parla e scrive un italiano originale, scorrevole, piacevolissimo.
Migliore di molti illustri intellettuali nostrani che si millantano, o che da
alcuni sono millantati, tali. John è iper aggiornato su titoli e autori di
libri mondiali, mai scontati. Per questo lo considero un po’ il mio
“Tuttolibri”, a cui scrocco ogni tanto consigli di lettura. Ogni tanto John me
ne regala anche qualcuno, mai banale, che compra rigorosamente doppio. Quel che
mi piace di lui è che conosce molto bene il nostro bel Paese. Storia,
tradizioni, luoghi, prodotti, gente, caratteri, dialetti…. Credo che John ami
l’Italia addirittura più della sua Patria. Se dovessi incasellarlo direi che
oltre ambasciatore della buona e bella Italia, John è un giornalista, con la g
maiuscola, alla Mario Soldati. Un cronista vero, che racconta i luoghi e
l’enogastronomia con l’ esperienza vissuta sul campo, mica “copia e incolla” o
“persentitodire”. Oltre che un interessante e divertente scrittore. Collabora con Slow Food e diverse altre testate tra cui La Stampa, The Guardian, l’australiana
Gourmet Traveller e
l'americana The Art of Eating….Tanto per
citarne alcune. John mentre lavora ascolta la radio sintonizzata sui canali
inglesi. Ha un cuore grande, è una
persona incredibile. Per mio figlio Enrico John è lo zio inglese. Ama il mare
John, e quando può si rifugia li. E’ curioso, attento, conosce una marea di
persone di tutto il mondo. Quelle che mi ha presentato fino adesso e ho avuto
anche la fortuna di frequentare insieme, le considero “personaggi”, come lo è
anche lui (ma guai a dirglielo). Nel senso che ciascuno di essi ha un “non so
che”, un fascino incredibile, impossibile da definire. Inoltre, uno
straordinario bagaglio culturale che li caratterizza tutti! Se io ne avessi
solo una quarta parte del loro, vivrei di prepotenza. Ne parlo oggi di John
perché da un paio di giorni ho ripreso a leggere “Pane
e Football - Due Nazioni, due
Passioni”. Un libro che lui ha
scritto tre anni fa. Storie di calcio e gastronomia, come sa scriverle
solo John, tra il colto e lo spassoso, di due nazioni, l’Inghilterra dov’è nato
e l’Italia dove vive. Pagine intriganti,
di vita, di calciatori dannati, di ritratti di uomini che si
sono trovati, ma anche persi per il calcio, di
incredibili mangiate, di bevute colossali. Una
sorta di romanzo autobiografico, anche, un libro intimo, credo, perché
dice molto del suo rapporto col padre. Un libro intelligente, divertente anche,
pieno di citazioni, di curiosità e di storie che raccontano molto bene chi lo
ha scritto. John, il mio Amico inglese!
venerdì 29 aprile 2016
mercoledì 27 aprile 2016
I saperi della cucina nella relazione e attraverso la relazione
Ogni volta che vedo la Palazzina di caccia di Stupinigi, (Torino),
una delle tante regge Sabaude inserita dall’Unesco
nel Patrimonio dell’Umanità, mi manca il fiato. E la mente corre indietro nel
tempo a sognare la maestosità dell’epoca che fu. La Palazzina di Stupinigi, però,
non nasce come reggia, ma come ritrovo per la caccia: la statua in bronzo di un
enorme cervo, simbolo della palazzina stessa, che domina dalla sua cupola ne è
l’emblema evidente. E questo la dice lunga come molto spesso il tema della
caccia sia collegato con la celebrazione delle residenze, dei luoghi di delizia
e dei parchi allestiti dai Savoia. Pare insomma che esistesse una stretta
connessione fra la caccia e l’immagine del potere, ma anche, di conseguenza,
fra la caccia e l’attualità politica. Ma questo è un altro
discorso. Sono qui per la Mostra Regine e Re di Cuochi dedicata alla Cucina italiana d’Autore, un percorso
espositivo affascinante, multisensoriale, tattile anche, che consente di
conoscere i 33 grandi cuochi interpreti della cucina italiana contemporanea e
di entrare nei processi creativi e nelle cucine che caratterizzano la loro
produzione autoriale (fino al 6 giugno). Collateralmente alla mostra si tiene un dibattito “La
Cucina come Impresa” e i due protagonisti chiamati a discutere su questo
interessante argomento, mediato dalla nota giornalista Marisa Fumagalli, appassionata
scrittrice di enogastronomia del Corriere della Sera, sono due imprenditori:
Davide Oldani, cuoco patron del Ristorante D’O di Cornaredo (Mi), e Angelo
Agnelli a capo dell’azienda di famiglia Pentole Agnelli, a Lallio (Bg). Fiducia, coraggio, incontro, innesto,
studio e progettazione, sono gli elementi che sono usciti fuori dal dialogo, e su
cui si basa la relazione tra chi produce pentole e gli chef. Il confronto fra i
due è filato per un’ora mezza, con un centinaio di uditori ammaliati dal fascino
oratorio dei due e dalla loro complicità e complementarietà. Il rapporto fra chi fa impresa di ristorazione e chi di attrezzature per essa, orientato secondo logiche di scambio e contaminazione nel quale la
dimensione teorica e le pratiche sono reciprocamente assunte e dibattute…..Il
confronto con l'obiettivo orientato al meglio e a rendere, per esempio, quella
determinata padella, un prodotto migliore, per un modello di lavoro attuale,
aggiornato all’esigenza della cucina moderna, delle ricette attuali, senza
perdere l’effetto professionale che essa deve avere #NONTOCCATEMILAPADELLA. L'acquisizione della
conoscenza, dell’una e dell’altra attività, che è anche relazionale, e si determina soprattutto
nella dialogicità quotidiana. Nella consapevolezza che apprendere uno dall’altro
è costruire, ricostruire, constatare per cambiare. L’impegno a rispondersi e
non solo ad attendere, a proporre e non solo a consultare, a coinvolgere e non
solo a socializzare. . E questo non lo si fa senza aprirsi al rischio e
all'avventura dello spirito. Che bello! I
saperi della cucina nella relazione e attraverso la relazione.
giovedì 21 aprile 2016
Quanto sono curioso….!?!
Venerdì scorso ero impegnato in una Convention del Gruppo
Agnelli, quello della famiglia di Bergamo, famosa per la storica fabbrica che
produce pentole. Ad un certo punto dopo i vari interventi
dei manager a capo di ogni azienda del Gruppo, ce ne è stato uno fuori dal coro
che mi ha conquistato. L’intervento, di “un intellettuale prestato all’impresa”,
aveva come oggetto la Curiosità, con frasi latine e citazioni anche di
autorevoli filosofi passati e presenti. “Curiosità, dal latino
Curiòsus da Cura….pendersi cura, interessarsi”….. “La curiosità evoca la “cura”, l’attenzione che si presta
a quello che esiste o che potrebbe esistere” (Foucalt). Nessun riferimento a strategie, fatturati, investimenti,
sviluppo, budget, target…. Solo la Curiosità! E il suo valore come strumento per salire, giorno dopo giorno, le
scale della consapevolezza, e della crescita. “La curiosità è il primo segno della vitalità di una
persona”….. “Il
pensiero, le idee, i discorsi hanno una forza materiale” (di nuovo Foucault)…. L’intervento
molto acuto e di livello culturale alto, faceva anche riferimento alla Curiosità
come stimolo alla continua ricerca del nuovo, dello sconosciuto, di qualcosa
che si va ad inserire nel disegno della nostra conoscenza, oltre che sistema
per aprire e rendere più elastica la nostra mente nei confronti di tutto ciò
che ci circonda. E quindi la Curiosità come elemento per evolversi, aggiornarsi,
arrivare agli obiettivi con consapevolezza. Curiosità per avere successo, per
vincere sfide anche difficili. La Curiosità che non termina col raggiungimento
dell’obiettivo, ma si spinge oltre…..! Così dalla scorsa settimana mi interrogo
di quanto la Curiosità, (quella a fin di crescita, non da impiccione), ed io, siamo affini. Sono Curioso di tutto ciò
che è storia, che è notizia, che non conosco, che mi sfugge, che va oltre quel
che immagino e vedo, dei comportamenti delle persone, dei mestieri, dell’arte,
del bello, del buono…. Dopo l’intervento, mi sono talmente incuriosito che ho
invitato il Relatore a ritrovarci per approfondire la nostra conoscenza…Sono
Curioso di assorbire un po’ della sua esperienza e dei suoi saperi. Quanto sono Curioso….!?!
martedì 19 aprile 2016
19 aprile. M'arricrio…., su' ffatti mia!
Più di mezzo secolo fa, Totò, un ex minatore siciliano che ha
fatto la guerra in Russia, e sua moglie Elvira, con 5 figli, Angelo di 13, Iole di 10, Gaetano di 6, Giuseppe di 4, ed Elena di 2 anni,
scelsero, loro malgrado, di emigrare al nord…. Ogni volta che compio gli anni, si spalancano i cancelli della memoria e vengo immerso nel vortice
spazio-temporale sempre più pieno di ricordi che mi affiorano da destra e da
manca. Sarà perché sono il più piccolo di una famiglia siciliana emigrata in
Piemonte nei primi anni ’60, ma tant’é che tra mito, favola e superstizione meridionale,
la mia venuta al mondo è considerata come eccezionale. Forse, meglio dire, straordinaria.
Primo perché arrivavo dopo 5, poi perché ero “il piemontese” e il primo a
nascere in un ospedale, ma soprattutto perché pesavo quasi 5 kg. Fu
un parto complicato. Riuscii infatti ad uscire soltanto dopo manovre
dolorosissime e grazie all’ausilio del forcipe. Santa mamma! Le
narrazioni di quel momento, da parte di ciascuno più grande di me che me lo racconta ogni volta, abbondano
anche di fantasia. Di per certo questa prima fatica mi ha lasciato il segno
nella gestione del mio compleanno, perché da sempre lo festeggio riposando. Il
19 aprile da piccolo non andavo a scuola, da grande non lavoro. Il 19 aprile per
me è come fosse festa nazionale. Mi dedico a me stesso. M'arricrio…., su'ffatti
mia!
giovedì 14 aprile 2016
Mangio tutto. Sono per il peccato mortale.
Oggi intorno al cibo e alla cucina si sta insediando un
senso di appartenenza ad uno o ad un altro schieramento che mi sa di fondamentalismo.
Sono contro il fondamentalismo, religioso, politico, o che sia, figurarsi
quello alimentare! Bio, Vegani, Vegetariani, demonizzati e/o idolatrati. Guerre
di religione per sostenere il proprio regime alimentare, migliore dell’altro.
Mai come in sto ultimo anno mi è capitato di sedermi ad un tavolo di un
ristorante, per lavoro o per piacere, e condividerlo con la variegata fauna di
commensali patologici, fautori di una o dell’altra “setta”. A me viene da
ridere. Perché appena si siedono esternano proclamando orgogliosi la propria
appartenenza. E quando tutti stanno zitti ci si mette il cameriere: “qualcuno
di voi è Vegano, è Vegetariano…, è Normale?”. Apriti cielo! Nell'annunciarsi di uno o dell’altro,
ciascuno cerca opera meritoria per la propria scelta alimentare oltre che cercare, per tutto il pasto, di convincere gli
altri che se non passano dalla sua parte moriranno per questo o per l’altro
motivo….Cibi che ti portano alle
malattie, anche gravissime, se non sei dei suoi. Rassicuranti, anche con
elenco infinito di personaggi famosi che hanno sposato la causa, se stai con
loro. Sono tutti professori di salute, di sano, di medicina, esperti di
alimentazione anche. Quel che mi fa più ridere è quando ti fanno l’elenco dei veleni
contenuti in uno o in un altro cibo in grado di stroncarti lentamente o
velocemente a seconda delle quantità assunte: “microrganismi probiotici che s’insediano
piano piano nell’apparato digerente…. patogeni,
cancerosi,……”. Ora immaginatemi a sti pranzi. Penso di godermi il pasto ed invece mi sto
intossicando. Anche di cazzate. Sono più che convinto che certi alimenti non siano
più sani e naturali, (http://morsidigusto.blogspot.it/2016/03/comera-buono-il-pane-del-giorno-prima.html) . Non credo nemmeno ai
prodotti “biologici”, perché penso che tali, possano chiamarsi solo quelli prodotti
su Marte sotto una campana di vetro! Ma che se mangio una fetta di salame devo
fare testamento, a questo non ci sto! Io sono rimasto al terrorismo alimentare delle
vecchie credenze popolari tipo che se si rompe la bottiglia dell’ olio porta
sfiga, come anche se cade il sale. Un terrorismo "democratico", fatto
a fin di bene, fatto per evitare sprechi. E quindi rimango per il "peccato"
alimentare, per il microbo buono che rende gustosi gli alimenti. Mangio tutto,
rimango un peccatore mortale!
sabato 9 aprile 2016
Il vino mi assomiglia!
La vita dispone per noi connessioni e
affinità impensabili. Il mio primo incontro col vino, è stato tanto tempo fa. Un
incontro facile visto dove sono nato e vivo, ma per me molto particolare. Mi
ricordo che era una fine estate degli anni ’70. Ero per Langhe con la mia Vespa Px 125 senza frecce color blu scuro e un po’di lire in
tasca che mi guadagnavo fiero facendo il metalmeccanico nei tre mesi di vacanza
da scuola. Dovevo conquistare una ragazza, e quindi scelsi un giro panoramico
tra le vigne di qui per raggiungere una vecchia osteria di un paesino sopra Monforte
che alcuni amici più vecchi di me mi avevano segnalato. Scelto cosa mangiare,
l’oste ci guidò alla parete dove teneva le bottiglie e prendendone una in mano ci
spiegò che era quella giusta per noi. Ma non si fermò lì. Con sta
bottiglia di Dolcetto di Dogliani tra le mani ci raccontò che il vino è fatto
di grandi passioni e di sacrifici, del duro lavoro, prima di tutto in vigna. Ci
raccontò dei contadini, del rispetto per la terra, per le tradizioni, per le
persone. Di un patto fra l’uomo e la
vigna che si rinnova attraverso gli anni e le stagioni mai uguali…Del vino come
messaggero di una storia antica, ma ambasciatore moderno di una terra e del suo
popolo…..Storia, tradizioni, cultura, territorio….Il vino come fonte di
conforto e di coraggio, capace di bandire gli affanni… Il bagaglio di
conoscenze e di attenzione che metteva parlando di sta bottiglia di Dolcetto ci
stupì. Ci parlò anche del vino come medicina, come alimento speciale indispensabile….Aveva
espresso un tal rispetto reverenziale e di amore profondo verso il vino al
punto che la mia ragazza, una volta al tavolo, incrociando i bicchieri, mi disse
che se le avessi dimostrato solo la metà di quei sentimenti l’avrei conquistata
a vita…. Di lì in poi ho cominciato ad apprezzare il vino, l’ho sempre di più cercato
per conoscerlo meglio. Anteponendo sempre i sentimenti che avevo imparato nella
“lezione” dell’oste, tra leggenda e storia. Un po’ sognatore, da allora,
la cultura del bere non mi ha mai abbandonato, anzi aumenta sempre. Oggi devo al vino un enorme debito di
gratitudine. Soprattutto, anche perché mi ha cambiato la vita. Grazie a lui la
mia passione, col tempo, è diventata un lavoro, una professione. Del vino mi piace soprattutto che è imprevedibile. E, in questo, un po’ mi assomiglia. Per chi
c’è ci vediamo al Vinitaly!
martedì 5 aprile 2016
Corro di pancia. Di gusto, lento, ma fiero. Cronaca della mia mezza maratona di Firenze
Premessa.
Mi piace fare sport. Mi piace correre soprattutto. Non sono però un fissato degli allenamenti, delle ripetute, della fatica gratuita, della prestazione a tutti i costi. Non sono per la sofferenza, insomma. Il mio fisico quindi non è da runner, anche perché a tavola non rinuncio mai. Devo ancora capire se corro per mangiare o mangio per correre. Correre però è quello che posso fare, in ogni stagione, ad ogni ora del giorno, quando posso e quando ne ho voglia. Col lavoro che faccio, sempre in giro, tra ristoranti, iniziative, eventi, fiere del settore, e non, la corsa è quello che mi mette in pace con i miei eccessi. Tanto so che poi corro. La pratico dove mi trovo: ed è questo il bello. Ho corso, in un casino di posti in Italia e del mondo. Correre è un po’ come conoscere i luoghi dove mi trovo nel loro intimo, sotto punti di vista che vanno oltre le segnalazioni, i consigli, le guide, gli occhi. Con me ho sempre il mio zainetto con quel che serve per correre, ovunque: calze, scarpe, pantaloncini, maglietta, ricambi. Pesa niente. Il più delle volte corro in solitario: è qui che mi entra in circolo e si sviluppa meglio, in maniera naturale, la mia fase creativa. Quando sono a casa a Bra, soprattutto la domenica, invece, corro coi Sunday Run, un gruppo di amici con cui condivido lo spirito della corsa. Alcuni di loro sono anche competitivi e da loro mi faccio, (e mi piace farmi), trascinare in alcune gare. Quelle che per me rimangono le mie “mitiche imprese”. Al mio attivo ne ho poche, ma di tutte ne sono orgoglioso e le posto sul profilo whatsApp (unico mezzo social che uso). Corro lento, ma fiero è il mio principio da runner. Perché mi piace lo sport di fatica, ma per svago, senza l’assillo del cronometro, seppur lo consulto ad ogni fine corsa.
Mi piace fare sport. Mi piace correre soprattutto. Non sono però un fissato degli allenamenti, delle ripetute, della fatica gratuita, della prestazione a tutti i costi. Non sono per la sofferenza, insomma. Il mio fisico quindi non è da runner, anche perché a tavola non rinuncio mai. Devo ancora capire se corro per mangiare o mangio per correre. Correre però è quello che posso fare, in ogni stagione, ad ogni ora del giorno, quando posso e quando ne ho voglia. Col lavoro che faccio, sempre in giro, tra ristoranti, iniziative, eventi, fiere del settore, e non, la corsa è quello che mi mette in pace con i miei eccessi. Tanto so che poi corro. La pratico dove mi trovo: ed è questo il bello. Ho corso, in un casino di posti in Italia e del mondo. Correre è un po’ come conoscere i luoghi dove mi trovo nel loro intimo, sotto punti di vista che vanno oltre le segnalazioni, i consigli, le guide, gli occhi. Con me ho sempre il mio zainetto con quel che serve per correre, ovunque: calze, scarpe, pantaloncini, maglietta, ricambi. Pesa niente. Il più delle volte corro in solitario: è qui che mi entra in circolo e si sviluppa meglio, in maniera naturale, la mia fase creativa. Quando sono a casa a Bra, soprattutto la domenica, invece, corro coi Sunday Run, un gruppo di amici con cui condivido lo spirito della corsa. Alcuni di loro sono anche competitivi e da loro mi faccio, (e mi piace farmi), trascinare in alcune gare. Quelle che per me rimangono le mie “mitiche imprese”. Al mio attivo ne ho poche, ma di tutte ne sono orgoglioso e le posto sul profilo whatsApp (unico mezzo social che uso). Corro lento, ma fiero è il mio principio da runner. Perché mi piace lo sport di fatica, ma per svago, senza l’assillo del cronometro, seppur lo consulto ad ogni fine corsa.
Venerdì 1 aprile, Firenze, Boscolo Astoria Hotel, ore 13.00, check in. Sono qui con la famiglia perché sabato sera ritiro il riconoscimento “terzo posto”, al sondaggio on line di Italia a Tavola "Personaggio dell'anno 2015", sezione opinion leader: podio con 6.812 voti! Prima di me Sara Papa e Joe Bastianich. Dopo di me, in classifica, illustri personaggi, anche amici. Qui lascio macchina, bagagli, moglie e figlio. Alle 16.00 devo ripartire da solo in treno per Roma dove la sera ho un impegno nel negozio monomarca di Pentole Agnelli: si rinnova #NONTOCCATEMILAPADELLA , il format del progetto dedicato alla stampa e amici influenti.
“Buongiorno e benvenuto signor Di
Dio: la informiamo che domenica mattina tutte le strade del centro di
Firenze saranno chiuse al traffico perché c’è la mezza maratona” - mi dice
la signorina della reception mentre mi accoglie.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
(E’ questo, quasi come un urlo, che mi si ripercuoterà in testa per non so
quante volte da quel momento in poi).
“Per cui – continua la signorina - le
consigliamo di partire la mattina prestissimo o dopo le ore 12, termine della
corsa…, eccole il flyer della Uisp che organizza l’iniziativa
sportiva con tutte le indicazioni del caso sulle vie d’accesso e no”.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Con la coda dell’occhio capto gli
sguardi preoccupati di “sfida” di Claudia e Enrico che quasi in coro mi dicono
ciascuno la propria: “Mica penserai di correre”…., mia moglie, “Papino,
mica te la vuoi perdere?”…., Enrico.
In macchina ho tutto quel che
serve, anche se è roba da sfigato e non da gara.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
La devo fare! Becco il flyer della
Uisp e senza pensarci un attimo chiamo dal cellulare il nr di
telefono dell’organizzazione….1 squillo, 2 squilli, 3 squilli, 4 squilli….sono
ansioso….Qualcuno mi risponda c…..! Solitamente al terzo squillo mollo, ma
stavolta insisto fino a quando non cade la linea. Deluso, mi conforto guardando
l’ora: saranno tutti in pausa pranzo, penso.
La mezzaaaaa maratonaaaaa….?!?!?!
Mica me la posso perdere!? Sul
treno ci riprovo. Al terzo squillo dall’altra parte del
telefono finalmente una voce: “Uisp Firenze, buongiorno ….,
desidera?”. Gli spiego che sono arrivato a Firenze da poco, ho
saputo della “mezza” e vorrei iscrivermi. Rafforzo di più con “ho visto che on
line non è più possibile….”. “Appunto, mi spiace Signore, ma la “mezza” è già
chiusa da un pezzo…”. Insisto ancora alla mia maniera…. “No, davvero Signore, mi
creda….neanche più un pettorale” – mi ribadisce. A sto punto carico ancora
di più l’asso….. Sono alla supplica, alla faccia da culo senza vergogna,
all’insistenza più piagnucolosa, caritevole....Finalmente dall’altra parte, non
so se per pietà o per sfinimento strappo una improbabile promessa : “Mah,
guardi Signore, non so che dirle...., provi a fare un salto domattina in Piazza
Santa Croce dove consegneremo i pettorali e pacco gara. Ma non le
assicuro nulla perché è da un pezzo che abbiamo il tutto esaurito”.
La mezzaaaaa maratonaaaaa….?!?!?!
La serata di sabato a Roma
scorre in maniera speciale. Ritrovo gli amici influenti coi quali chiacchiero, ipotizzo
programmo. Si ride, si scherza, si selfieggia, anche. Ma soprattutto si
assaggiano assieme le cose squisite che ha preparato lo chef Adriano
Baldassare: battuta di vacca, crescione e yogurt, raviolo di ostrica, polpetta
di coda, carpaccio di funghi, agnolotti cacio e pepe, spaghettoni ajo e ojo,
cappuccino di baccalà, hamburger con pane cumino, insalata di coniglio su fetta
pane nero. Per non farmi mancare niente ci abbino senza regole precise tutta la
batteria dei vini, bianchi e rossi, di Casale del Giglio a disposizione, e in
più qualche cocktail tanto per gradire. Abbandono, con un po’ di sacrificio e anche
dispiacere la serata all'1 di notte passata...La pancia è piena. L'albergo è a
due passi, ma allungo…per digerire meglio! Spengo la luce alle 2 su per giù....
La mezzaaaa maratonaaaaa!?!?!?!
Sabato mattina ri-arrivo a Firenze
Santa, Maria Novella. Senza passare dall’albergo mi precipito in piazza Santa Croce
dove mi raggiungono Claudia e Enrico coi loro due sentimenti diversi, ma
invariati. Nella postazione destinata al ritiro del pacco gara c'è il mondo
multi etnico. In una postazione individuo un tipo che smanetta su un pc
così mi avvicino a lui, discretamente, quasi timoroso, sussurrando
miserevolmente: "Mi chiamo Maurizio Di Dio, sono quello che ha telefonato
ieri....", “Può essere, mi dice un certo Fabio della Uisp di Firenze, scrollando
già la testa a destra e manca come per dire no, nulla, mi spiace…Insisto. Devo
vedere,… se…., ma...,non so…aspetti il suo turno”.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Dopo aver visto passare davanti a
me almeno una diecina di persone di ogni razza con fogli in mano che gli
chiedono lumi sul buon fine iscrizione on-line, è il mio turno. Tocca a me: “allora? Che
desidera Signore?- mi chiede ancora sto
Fabio. “Guardi - gli dico - sono qui a Firenze e per caso ho saputo ieri della
“mezza”…..sa…, arrivo da lontano,….quindi mi piacerebbe…… Ho anche con me copia
sul telefonino del certificato medico…ho la tessera della mia società…ho tutto.
Mio figlio ci terrebbe davvero tanto vedermi correre per Firenze….Sta città
meravigliosa, orgoglio della nostra Cultura….
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Lo supplico, lo imploro…., credo
anche di avergli detto qualcosa di veramente imbarazzante a ripensarci bene. “Signore,
mi spiace ma non abbiamo nemmeno più un pacco gara a disposizione…però aspetti
un attimo…., vediamo, se trovo ancora un
pettorale libero, altrimenti, davvero, non se ne fa nulla!”. E si allontana di
un paio di metri dal suo posto.
Non lo perdo d’occhio neanche per
un istante. Allunga una mano in una cartellina…sfoglia, rimesta, tira fuori,
rimette dentro, poi tira ancora fuori…Finalmente ha in mano qualcosa. E’ lei: la
pettorina, ultima a disposizione, senza pacco gara. Numero 2055, è mia.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
E’ fatta. Corro! Rivado dai miei che
si erano allontanati anche un po’ per la vergogna e glielo dico. Tu sei pazzo, commento
di mia moglie…. Grande papino, corro anch’io con te. La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Da lì in poi trascorriamo la giornata
fiorentina tra convegno a Palazzo Vecchio, il pranzo, un caffè, una passeggiata
tra monumenti più famosi, un po’ di cazzeggio, shopping e qualche gelato.
Rientriamo in albergo quasi al pelo per prepararci. Alle 20.30 la famiglia è
tutta in “tiro”: si va a Palazzo Borghese per ritirare il riconoscimento di
Italia a Tavola. Palazzo Borghese è un posto da urlo, da libri di fiabe. Scaloni,
statue, specchi, quadri, pizzi, merletti, cornici, tendoni, tappeti, e ogni
meraviglia d’arte e non solo, che si vorrebbe, sono lì. In più, folla di gente tutta
in ghingheri con personaggi famosi ben disposti. Saluto, stringo mani, ricevo
complimenti, scambio battute, mi complimento anche io. Osservo, e prendo
confidenza col posto, tutto sotto gli occhi attenti di mio figlio che non mi
molla un istante e mi imita anche nelle pose.….Nei, non mi ricordo quanti, saloni
da fiaba c’erano postazioni di chef, stellati e non, che servivano ogni
bendidio di roba da mangiare. Giro di ricognizione per capire cosa e da chi
partire e poi con Cla e Enri, si va cogli assaggi di “Bengodi”.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Anche se il pensiero era sempre quello,
al domani, non potevo rinunciare, non potevo dire di no, non me la sentivo: fragoline di mare
al verde con polenta bergamasca dei fratelli Cerea Ristorante da Vittorio;
ravioli di cavolfiore e patata, spuma di latte di capra, olio di ricci di mare
e caviale di Claudio Sadler; la minestra
di fave con ricotta di pecora, gamberi rossi di mazara del vallo, ricci e pasta
di kamut (presa due volte, d’altronde lo sapete che vado matto per le verdure)
di Fabio Potenzano e Lorenzo Alessio; la pralina di coscia d’anatra con mela verde
croccante di Annie Feolde; la frittella di riso acquerello alla birra, aringa
affumicata e mascarpone al lime di Marco Stabile; il risotto regina vittoria
con gambero rosso siciliano e tartufo nero di Enrico Derflingher; gli spiedini
di calamari e carciofini con salsa all’arrabbiata di Daniele Zennaro; i
peperoni del piquillo con le alici del cantabrico di Matteo Scibilia. e poi i dolci di Gianluca Fusto di Paolo
Sacchetti; di Andrea Restuccia; di Federico Anzellotti di Matteo Berti, di
Francesco Cione, di Flavio Esposito, di Paolo Rovellini, di Marina Milan, di
Gian Nicola Libardi, di Cinzia Ferro…Tra uno e l’altro vini a gogò, tra
bollicine e fermi di ogniddove, bianchi e rossi.
Nel mezzo, ritiro anche il “premio” Italia a Tavola: nomination, palco,
foto di rito, ringraziamenti, ri-foto, ringraziamenti, di nuovo foto, ri-ringraziamenti….All’1
di notte scappiamo.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Per non sentirmi in colpa chiedo ai miei di allungare anche il
ritorno in albergo a piedi , a passo sostenuto, tanto è tiepida la notte
fiorentina. Per “digerire” meglio dico convinto…Sich!. No comment dei miei, ma
gli sguardi di Cla e Enri mi fulminano. Spegniamo le luci in stanza passate le
2.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Alle 6 sono già sveglio. Mi rigiro
un po’ nel letto, ma poi non ce la faccio più. Vado in bagno, Sciaccquata e partitina
a tennis sul cesso col tablet. Ne vinco 3 “esperto” di seguito, mai successo.
Poi mi vesto con quel che avevo dietro da runner. Claudia dorme beata. Enrico
apre gli occhi: “buona corsa Papino, - mi dice - vinci!”. Dalla gola soffocata
dall’emozione mi esce solo un flebile “grazie Amore, dille a mamma che ci
vediamo all’arrivo, con comodo, verso mezzogiorno….ma credo che lui non abbia nemmeno sentito, tanto ero strozzato in
gola.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
A colazione mando giù per forza un
paio di fette biscottate con nutella e marmellata, un po’ di frutta fresca e un
caffè. Ma soprattutto tra una cosa e l’altra mi scolo due litri d’acqua…. Alle
08.00 sono in strada per raggiungere la partenza della mezza. Si parte alle
09.30 ma non mi ricordo da che Lungarno. So solo che è quello a due passi da
Piazza Santa Croce. Per non sbagliare strada seguo la scia di quelli abbigliati
sportivi.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Finalmente, mezzo infreddolito,
arrivo a Piazza Santa Croce in festa: voci, richiami in tutte le lingue, volti
concentrati, volti sorridenti, riscaldamento di gruppo a suon di musica, foto,
selfie…., bagno. Appiccicato a una tensiostruttura laterale ad un certo punto scorgo
un immenso tabellone con su scritto “confronta il tuo nome col tuo numero”. Mi avvicino, scorro la D. Non mi trovo.
Panico!
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Vedo Fabio Uisp sempre lì al suo
posto. Mi riavvicino: scusa, non trovo il mio nome - gli dico. “Ecchè pretendi…,
il tabellone è pronto da ‘na settimana…, da quando abbiamo chiuso le
iscrizioni…., vai, tutto a posto. Vai, corri!” – non ti preoccupare e mi spinge
via.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Mentre tento di scaldarmi corricchiando
qua e là si materializza davanti a me Leonardo Romanelli, fiorentino Doc,
conosciuto ai tempi di Arcigola (oltre venticinque anni fa), una faccia
conosciuta, nella marea di gente, che non rivedevo da tempo. Tra una foto e
l’altra gli spiego e lui fa lo stesso: l’hanno coinvolto per raccontare la
mezza dal punto di vista di un enogastronomo. La sua cronaca la trovate
qui http://www.leonardoromanelli.it/half-marathon-firenze-2016-la-cronaca-di-un-critico-gastronomico/
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
Alle 09.30 siamo tutti schierati ai nastri di partenza pronti per il via sul
Lungarno. Dieci metri di strada in larghezza per quasi 1 km in lunghezza di variegata umanità, schierata in maglietta
e calzoncini per correre 21 km e passa. Siamo lì in trepida attesa dello start.
A vociare, a chiacchierare, a consultare il cronometro, a slegare e rilegare
scarpe, a sbattere le mani contro petto e cosce, a cercare volti conosciuti, a
richiamare amici, in tutte le lingue. La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!Io sono
lì solo coi miei pensieri. Penso soprattutto all’immensità dei monumenti
fiorentini che rivedo ogni tanto quando passo da Firenze e non smettono ma di
meravigliarmi. Penso se ho fatto comprendere bene ad Enrico quanto siano
importanti e quanto è grande e capace l’uomo: il Duomo, Il Battistero, la
Galleria degli Uffizi, Piazza della
Signoria, Palazzo Vecchio, Piazza della Repubblica, la Chiesa di Ognissanti,
Palazzo Pitti, Ponte Vecchio…. Tra poco
me li godrò correndo, alla mia maniera, sono tutti compresi nel percorso.
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! Pronti, via. Da subito corro al ritmo dei miei passi, come lo chiamo io, cercando di
raggiungere i palloncini delle 2 ore che stavano circa mezzo chilometro prima
di me, essendo io partito molto indietro. Appena agganciati ho corso affiancandoli per un po’. Mi sentivo bene, Caspita! Mi godevo anche
tutto. La folla, i monumenti, la corsa, i miei pensieri. Così allungo ancora il passo. Ad un certo
punto mi rendo conto che sono ad uno sputo dai palloncini di 1 ora e 50. Li
supero su un ponte di un Lungarno.
L’ultimo passaggio sul Ponte Vecchio è da brividi con la gente che urla, batte
le mani, fotografa… La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?! Manca
poco è quasi fatta. Rettilineo del Lungarno e poi due curve, una a sinistra ed
una a destra, per arrivare in sprint al traguardo di Piazza Santa Croce: stacco
il cronometro e alzo gli occhi sul display dell’ora: 1:44:25. Quasi non ci
credo. Bestia!
La mezzaaaaamaratonaaaaa….?!?!?!
venerdì 1 aprile 2016
Giuro, non è un Pesce d’aprile
Ai
tempi di scuola il pesce di aprile per me era quello di carta ritagliata che cercavamo
di appioppare o non farci appioppare dietro la schiena a scuola. Poi invece stavo attento a non abboccare agli scherzi degli amici,
soprattutto quelli telefonici. Oggi invece i pesci d'aprile ci arrivano dall’etere, sono veloci, sono tantissimi, sono globali e fanno leva su principi di politica, società,
scienza, cultura….sempre più vicini alla realtà, a volte subdoli anche. E cosa peggiore
è che a diffonderli sono persone o mezzi
di informazione credibili. Facile quindi che, lanciata la farsa, qualche
agenzia di stampa “copia incolla” la amplifichi con la “patente” di vera,
mettendo a meditazione mezzo mondo sull’accaduto fino a quando qualcuno non la “timbra”
Pesce d’aprile, e la smentisce, magari in ritardo. Oggi 1° aprile, quindi
qualsiasi cosa si faccia o si dica, vera, certa, rischia di non essere presa
per seria. E’ capitato anche a me. Ma è un pesce d’aprile? Ma è uno scherzo?
Siamo sicuri che non è un pesce d’aprile come i tanti?
Sì, è tutto vero! Lo giuro! Ma non
lo ripeto più a tutti i miei amici romani e di zone limitrofe che stasera in via
Basento 52 a Roma, nel negozio mono marca Pentole Agnelli, ci sarà un’esclusiva festa ad invito dedicata al progetto #NONTOCCATEMILAPADELLA.
Si gusta, si ride, si chiacchiera, si fa amicizia, si vivono sensazioni….
E il Pesce d’aprile finisce in pentola. Nella pesciera Agnelli. Cucinato
e pappato!
Tra i fornelli lo chef Adriano Baldassare e……, sentite un po’….., Angelo
Agnelli.
Boh! Sarà questo che lo fa sembrare un pesce d’aprile?
Ci vediamo lì.
Dalle 20 in poi.
Ci vediamo lì.
Dalle 20 in poi.
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